Una nuova ricerca della Binghamton University offre una seconda vita ai CD trasformandoli in biosensori flessibili, economici e facili da produrre.
di Lisa Borreani
I rifiuti elettronici (e-waste) sono un grosso problema globale causato dall’evoluzione continua e, di conseguenza, dalle breve durata degli oggetti.
Dal 1999, negli Stati Uniti sono stati spediti piĂą di 9 miliardi di CD musicali, senza contare le vendite mondiali, i DVD, i dischi software o i videogiochi. Purtroppo, i CD scartati finiscono nelle discariche con conseguenze ambientali negative.
Una nuova ricerca del Thomas J. Watson College of Engineering and Applied Science della Binghamton University offre una seconda vita ai CD, trasformandoli in biosensori flessibili, economici e facili da produrre.
Come sono fatti i biosensori
Lo studio, pubblicato anche su Nature Communications, ha sviluppato una tecnica per riciclare lo strato d’oro dei CD attraverso l’utilizzo dell’acetone. Questa sostanza è infatti in grado di allentare il legame tra la lamina e il policarbonato, staccando quest’ultimo.
Il processo è estremamente veloce: l’applicazione dell’acetone richiede appena 90 secondi, l’intera operazione richiede poco più di 20 minuti, senza rilasciare sostanze chimiche tossiche o richiedere apparecchiature costose; i vantaggi sono anche di natura economica, perché costerebbe complessivamente circa 1,50 dollari a sensore.
Matthew Brown, con la collaborazione del professore Ahyeon Koh del Dipartimento di ingegneria biomedica hanno scoperto che il sottile strato metallico di un CD dorato può essere separato dalla plastica rigida, modellato e trasformato in sensori per monitorare l’attività del cuore e dei muscoli umani, nonché i livelli di lattosio, glucosio, pH e ossigeno, rilevandone l’attività elettrica. I sensori, tramite bluetooth possono comunicare con uno smartphone, trasferendo così i dati rilevati.
Secondo la loro ricerca questo approccio sostenibile per l’upcycling dei rifiuti elettronici fornisce un flusso vantaggioso di rifiuti, basato sulla ricerca, che non richiede strutture all’avanguardia di microfabbricazione, materiali costosi o competenze ingegneristiche di alto calibro.
Contribuiscono alla ricerca anche la professoressa BME Gretchen Mahler, Melissa Mendoza, Louis Somma e Yeonsik Noh dell’UniversitĂ del Massachusetts – Amherst.
Il Prof. Koh ha dichiarato di aver preso in considerazione per la prima volta l’idea di convertire i CD in sensori mentre faceva ricerca post-dottorato presso l’UniversitĂ dell’Illinois.
“Ho avuto un’idea: forse potremmo raccogliere del materiale critico da smaltire dai CD per poi riciclarlo, trasformandolo e utilizzandolo per dei sistemi di rilevamento”, ha detto. “Ho parlato con Matt della mia idea durante la fase iniziale della sua tesi di ricerca e lui ha voluto approfondirla”.
Dall’idea alla realizzazione
Brown ha studiato ricerche precedenti sui biosensori realizzati con CD, scoprendo che quei sensori conservavano una struttura rigida, avevano un numero di applicazioni più limitato di quanto lui e Koh sperassero di ottenere. Il primo passo è consistito nel rimuovere il rivestimento metallico dalla plastica sottostante.
“Quando raccogli i capelli sui vestiti con del nastro adesivo, è essenzialmente lo stesso meccanismo”, ha detto Koh. “Allentiamo lo strato di metalli dal CD e poi raccogliamo quello strato di metallo, quindi lo stacchiamo. Quello strato sottile e flessibile viene quindi elaborato”.
Per creare i sensori, i ricercatori di Binghamton hanno utilizzato una taglierina Cricut, una macchina standard per artigiani che generalmente taglia le geometrie richieste da materiali come carta, vinile, cartoncino e trasferibili a caldo. I circuiti flessibili verrebbero quindi rimossi e incollati sul corpo del paziente. Con l’aiuto di un’app per smartphone, medici o pazienti possono ottenere le letture e tenere traccia dei progressi nel tempo, potendo registrare e confrontare i dati scaricati.
In qualità di consulente del dottorato di ricerca di Brown, Koh è entusiasta nel vedere realizzato un suo pensiero che risale a quasi un decennio fa e che ora si è tradotto in una realtà .
“Sono stato così fortunato ad avere Matt in laboratorio, perchĂ© altrimenti sarebbe rimasta un’idea della mia ricerca post-dottorato”, ha detto. “Alcuni dei miei colleghi post-dottorato ricordano che parlavo loro di questa idea ed ora ne sono così entusiasti”.
I prossimi passi
Brown è diretto a San Diego per lavorare per Dexcom, che produce monitoraggi continui della glicemia, ma ha idee su come migliorare la tecnologia da CD a sensore: “Abbiamo usato CD dorati e vogliamo esplorare CD a base di argento, che credo siano piĂą comuni. Come possiamo riciclare quei tipi di CD con lo stesso tipo di processo? Vogliamo anche valutare se è possibile utilizzare l’incisione laser anzichĂ© utilizzare la taglierina meccanica basata su tessuto, per migliorare ulteriormente la velocitĂ di riciclo”.
Osservazioni del team di ricercatori
Ad oggi, i ricercatori hanno presentato metodi per riciclare i rifiuti di CD in sensori elettrochimici per protocolli scalabili ed economici; tuttavia, finora, non sono riusciti a produrre e dimostrare piattaforme di biosensori meccanicamente durevoli per applicazioni indossabili.
Il nuovo studio affronta questa limitazione, ovvero la trasformazione dei CD in bioelettronica morbida per il monitoraggio non invasivo, integrati con la pelle umana. Una taglierina meccanica ha definito con cura gli UCDE per micromodelli economici di componenti elettronici completamente estensibili e flessibili.
Introducendo un nuovo approccio di upcycling, le applicazioni sarebbero numerose, come per esempio il rilevamento del biopotenziale (EMG – elettromiografia ed ECG – elettrocardiogramma), l’emissione di calore, il rilevamento della temperatura, il monitoraggio elettrochimico (pH, ossigeno, lattato e glucosio) e il rilevamento transitorio innescato dall’umiditĂ .
I sensori sviluppati hanno mostrato prestazioni simili agli elettrodi in gel disponibili in commercio.
Sviluppi futuri
Nel complesso, questo studio fornisce un’utile alternativa per la gestione dei rifiuti elettronici, elettronica monouso, prototipazione rapida e approcci economici per metodi di fabbricazione bioelettronica.
Il processo di upcycling proposto, consente soluzioni sostenibili per CD e riciclaggio di altri rifiuti elettronici che possono essere testati in futuro.
Per l’immediato futuro è previsto un lavoro aggiuntivo del gruppo di ricerca per:
1) Valutare le prestazioni a lungo termine dei sensori elettrochimici.
2) Testate l’utilizzo di sistemi completamente integrati per il monitoraggio wireless.
3) Eseguire studi aggiuntivi per realizzare appieno il potenziale dei dispositivi nelle applicazioni legate alla bioelettronica impiantabile.
Il metodo di upcycling consentirà la fabbricazione bioelettronica senza la necessità di una formazione intensiva e di tecniche di microfabbricazione, cioè si aprono le porte ad una più ampia varietà di discipline che potrebbero adottare dispositivi estensibili e flessibili per i loro studi.
Come il suo ex studente, anche Koh vorrebbe espandere la ricerca da CD a sensore, possibilmente con l’aiuto della comunitĂ del campus.
“Stiamo valutando di posizionare una scatola nel campus dove raccogliere i CD”, ha detto. “Potremmo anche fornire delle istruzioni passo-passo piĂą generalizzate su come realizzarli, rivolgendosi anche a persone senza particolari competenze ingegneristiche. Tutti possono creare questo tipo di sensori; vogliamo che il nostro progetto diventi accessibile e conveniente, piĂą facilmente distribuibile al pubblico”.
Come metodo semplice ed economico, questa tecnologia può essere adottata sia su scala accademica che commerciale. Gli istituti e le universitĂ possono installare contenitori per la raccolta dei CD, mentre le aziende che forniscono metodi di raccolta dei CD, come GreenDisk, possono adottare o esternalizzare le tecniche di fabbricazione proposte come alternativa per alleviare l’accumulo di CD nelle discariche.