Quando le tecnologie sono dirompenti

06982FCHLa tecnologia si muove così in fretta ed in così tante direzioni, che diventa difficile anche solo prestare attenzione alle novità, creando una sorta di sindrome da affaticamento da “la prossima cosa nuova”, quello che gli anglosassoni chiamano the next new thing fatigue. In questo nuova rubrica intendiamo valutare la potenziale portata, il campo di applicazione ed il possibile impatto economico delle principali aree tecnologiche in rapido progresso che possono essere in grado di rappresentare un cambiamento dirompente da qui al 2025

di Andrea Bondi

Il progresso tecnologico continua a guidare la crescita economica e, in alcuni casi, a scatenare un cambiamento dirompente. Tecnologie economicamente dirompenti – come i microchip a semiconduttore, internet, o la forza del vapore durante rivoluzione industriale, trasformano il modo in cui viviamo e lavoriamo e consentono a nuovi modelli di business e a nuovi player di sconvolgere “l’ordine costituito”.

In realtà la tecnologia e le innovazioni sono sempre foriere di sorprese. Secondo l’ultimo rapporto presentato dal National Intelligence Council (NIC) al Presidente degli Stati Uniti, nei prossimi due decenni l’impatto delle nuove tecnologie sarà uno dei principali game-changer, ossia uno dei fattori di cambiamento rivoluzionario globale: «la tecnologia dell’informazione sta entrando nell’era dei big data. Il process power e il data storage stanno diventando quasi gratuiti; le reti e il cloud forniranno accesso globale e servizi pervasivi; i social media e la cybersecurity saranno i nuovi grandi mercati».

Si stima che l’impatto economico combinato nel 2025 dalle applicazioni di sole 12 tecnologie possa essere di decine di migliaia di miliardi di dollari l’anno (fonte McKinsey global group).

Se nel XX secolo il manifatturiero era il settore cruciale di un’economia avanzata, oggi è quello delle nuove tecnologie a guidare la crescita della produttività e dei salari: tale settore comprende le scienze della vita e quelle dei nuovi materiali, la robotica, le nanotecnologie e naturalmente l’ICT. Secondo gli studi del professor Enrico Moretti, docente di economia all’università di Berkeley, ogni posto di lavoro high-tech arriva a generare altri cinque posti di lavoro “tradizionali” sia ad alto livello di formazione (avvocati, medici, insegnanti ecc…) che non (carpentieri, parrucchieri, camerieri ecc…).

Le imprese che in questa fase riusciranno a indirizzare e padroneggiare al meglio le nuove tecnologie saranno quelle che conquisteranno i nuovi grandi mercati che si apriranno.

I cambiamenti generati non si limiteranno, naturalmente, alla tecnologia o all’economia. Come detto sopra, saranno anche di carattere culturale, politico e sociale.

Il rapporto del NIC spiega: “nei prossimi quindici, venti anni gli aspetti di hardware, software e connettività delle tecnologie dell’informazione subiranno una forte crescita sia nella capacità e complessità, sia in una diffusione più ampia. Questa crescita e diffusione rappresenteranno significative sfide per i governi e le società, che devono trovare il modo di sfruttare i benefici di queste nuove tecnologie e al contempo gestire le minacce che esse comportano”. Un imperativo oggi più urgente che mai, considerando che queste tecnologie stanno trasformando il mondo in maniera sempre più rapida e inesorabile.

Il dilemma che ogni società ha di fronte non è dunque se cambiare o meno (sarebbe folle: come quei luddisti che distruggevano le prime macchine illudendosi di fermare così la Rivoluzione Industriale); il dilemma vero è scegliere se guidare il cambiamento o subirlo. Certo, l’innovazione è rischiosa, costosa, lunga e faticosa, ma come diceva l’economista Milton Friedman: “non esistono pasti gratis a questo mondo”. La strada che ha condotto al motore a scoppio, alla creazione del pc, al sequenziamento del genoma umano è costellata di insuccessi, fallimenti, sconfitte, errori, sprechi, abbagli, deviazioni, passi falsi e false vittorie. Tuttavia si tratta dell’unica strada percorribile per fare innovazione. L’alternativa è sedersi e attendere, ma è una mossa che alla lunga si rivela controproducente, e talvolta anche pericolosa. La vita dei pionieri è spesso dura, ma quella degli attendisti e dei ritardatari lo è ancora di più.

Il nostro obiettivo nel perseguire questa rubrica non è quello di fare previsioni, sia per le applicazioni specifiche o le misure specifiche di impatto, piuttosto ci auguriamo che la divulgazione di queste tecnologie dirompenti stimoli ulteriormente la crescita e le prestazioni delle imprese che sapranno cogliere (ed anticipare) il cambiamento.

 

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