Nastri trasportatori: dimensionamento base

Nastri trasportatori: dimensionamento base

I nastri trasportatori sono nati per semplificare e velocizzare il trasporto di materiali e merci in fabbriche e altri ambienti industriali. In verità, il primo nastro trasportatore di cui si ha notizia viene costruito nel 1892 a Coalbrookdale, nel Regno Unito e aveva una finalità più specifica. Lo sviluppo dei primi impianti di nastri trasportatori é legato alla necessità, connessa con la rivoluzione industriale, di migliorare l’efficienza e la rapidità della movimentazione del carbone dalle miniere alle stazioni ferroviarie.

di Giorgio De Pasquale1, Elena Perotti2, Giorgio Avanzato1

1 Smart Structures and Systems Lab, Dip. di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, Politecnico di Torino.

2 Senior data analyst.

Il nuovo sistema di movimentazione del carbone dovuto all’introduzione di impianti di nastri trasportatori ha rappresentato una svolta nell’industria mineraria, e nel corso del XX secolo, si diffuse in molti altri settori industriali, tra cui la produzione di automobili, la lavorazione dei metalli, l’industria alimentare e altri [1, 2].

Negli anni ’60 e ’70 del XX secolo, sono state introdotte nuove tecnologie che hanno migliorato ulteriormente l’efficienza dei nastri trasportatori.  Ad esempio, i sensori di posizione e le tecnologie di controllo automatico hanno reso possibile l’automazione completa dei sistemi di trasporto, aumentando ulteriormente la velocità e la precisione del processo produttivo [3]. Oggi, i nastri trasportatori sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni industriali e si sono evoluti in molte forme diverse, adattandosi alle esigenze specifiche di ogni settore [4]. Sono disponibili in diverse lunghezze, larghezze e materiali, e possono essere progettati per trasportare materiali di varie forme e dimensioni. Grazie alla loro versatilità e affidabilità, i nastri trasportatori continueranno ad essere una parte essenziale del processo produttivo industriale per molti anni a venire [5].

I componenti costruttivi

La Figura 1 illustra i componenti di base di un tipico trasportatore a nastro. A seconda della modalità di utilizzo e dell’applicazione dell’impianto, è possibile avere ovviamente diverse combinazioni degli elementi rappresentati.

Figura 1. Elementi del nastro trasportatore [Fonte: www.rulmeca.com]

Il nastro

Il nastro è ovviamente l’elemento fondamentale del sistema e spesso possiede un elevato valore economico rispetto all’impianto complessivo. Il nastro ha le seguenti funzioni:

  1. sostenere (e talvolta contenere) il materiale da trasportare
  2. trasmettere la forza necessaria per movimentare il carico
  3. assorbire i carichi associati alla fase di carico del materiale

È costituito da una striscia continua, variamente saldata, di materiale flessibile, solitamente realizzata in polimero e/o metallo, che si avvolge attorno a due tamburi principali. La scelta del nastro e quindi della sua larghezza, spessore, struttura e materiale dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di materiale trasportato, la capacità di carico, la velocità del trasporto, l’ambiente di lavoro e le normative di sicurezza applicabili. È importante selezionare un nastro che sia adatto alle specifiche dell’applicazione per garantire prestazioni ottimali, sicurezza e affidabilità nel tempo.

Fra i materiali più comuni per la realizzazione dei nastri ci sono quelli di seguito elencati.

  • Gomma. I nastri in gomma sono molto comuni e versatili. La gomma offre una buona resistenza all’usura, agli agenti chimici e alle temperature elevate. È adatta per una vasta gamma di applicazioni, compresi i trasporti pesanti e l’industria mineraria.
  • PVC. I nastri in PVC (policloruro di vinile) sono ampiamente utilizzati in applicazioni industriali leggere. Sono flessibili, resistenti all’usura, sono anche facili da pulire e possono essere utilizzati in applicazioni alimentari.
  • Poliuretano. I nastri in poliuretano offrono una buona resistenza all’usura e ai solventi. Sono spesso utilizzati in applicazioni che richiedono una superficie di trasporto liscia, ad esempio nell’industria alimentare e nella lavorazione del legno.
  • Metallo. I nastri in metallo, come l’acciaio inossidabile, sono utilizzati in applicazioni specializzate che richiedono resistenza ad elevate temperature e l’assenza di contaminazione. Sono utilizzati in settori come la fusione dei metalli, la lavorazione dei prodotti alimentari ad alta temperatura e il settore aerospaziale.

Uno degli aspetti più importanti del nastro è la stratificazione. Il nastro, infatti, non è composto da un unico strato di materiale uniforme (sia in lunghezza sia lungo lo spessore), ma si sfruttano generalmente materiali diversi, aventi proprietà diverse, per crearne una combinazione che meglio si adatti alle condizioni di lavoro. L’obiettivo è conferire al nastro le proprietà meccaniche desiderate e garantirne le prestazioni ottimali durante le fasi di lavoro.

Lo stato superiore esterno è quello a contatto diretto con il materiale trasportato.  La sua funzione principale è garantire una buona aderenza tra nastro e materiale trasportato, garantendo una corretta presa e riducendo il rischio di slittamento o caduta del materiale, oltre che possedere una buona resistenza sia all’abrasione che ad urti generati nella zona di carico del materiale. Viene tipicamente realizzato in gomma, PVC o poliuretano.

La copertura inferiore è lo strato che entra in contatto con le pulegge. La sua funzione è quella di garantire la maggior aderenza possibile sulla puleggia motrice e così ricevere la potenza e la velocità per il trasporto del materiale. I materiali sono gli stessi dello strato precedente.

Lo strato che ha permesso al nastro trasportatore di evolversi e diffondersi notevolmente nel tempo è il rinforzo interno. Composto da tessuti di nylon, poliestere o armature di acciaio, garantisce sia la stabilità dimensionale del nastro (consentendogli di mantenere la sua forma e le sue dimensioni durante tutte le fasi), ma soprattutto fornisce una maggiore resistenza a trazione del nastro stesso, consentendo il trasporto di materiali più pesanti.

Tutti gli strati sopra citati sono collegati e fissati attraverso adesivi i quali vengono scelti in base alle condizioni di lavoro. È importante mantenere il nastro in buone condizioni e pulito, rimuovendo sporco e detriti, per garantire un funzionamento efficiente. Un ulteriore aspetto è l’ispezione regolare delle sue condizioni per rilevare eventuali tagli, abrasioni, deformazioni o altri segni di deterioramento. L’ispezione, inizialmente eseguita soltanto attraverso manodopera specializzata, può oggi avvenire in tempo reale per mezzo di sensori integrati come quelli ai quali lavora lo Smart Structures and Systems Lab del Politecnico di Torino (www.s3laboratory.com).

I tamburi

Il tamburo è l’elemento utilizzato per guidare e supportare il nastro. È un componente essenziale del sistema e si occupa di mantenere il tensionamento, guidare il nastro ed orientarlo lungo il percorso desiderato. Sono presenti due tipologie, il tamburo motore e il tamburo di rinvio, a seconda della loro funzione. Il tamburo motore, anche detto tamburo di testa, è di solito posizionato all’estremità di scarico del nastro. Esso può essere di tipo:

  • tradizionale, nel caso in cui sia collegato ad un gruppo motore-riduttore attraverso un giunto e una cinghia di trasmissione;
  • motorizzato, quando il tamburo stesso ospita al suo interno una unità compatta comprendente motore, trasmissione e cuscinetti. Questa soluzione elimina tutte le complicazioni legate all’azionamento esterno, tuttavia le potenze e le coppie che può erogare non sono elevate quanto nella soluzione tradizionale. Altri vantaggi della soluzione motorizzata sono il design compatto, il rendimento maggiore, il miglior controllo di coppia e velocità e la minore manutenzione. I contro sono legati al maggior costo dovuto alla complessità costruttiva e alle manutenzioni più complesse e costose.

L’attrito nel contatto del tamburo motore con il nastro consente il trasferimento di potenza, facendo avanzare il nastro. Il tamburo di rinvio, detto anche puleggia di coda, è posizionato all’estremità opposta al tamburo motore. Esso fornisce supporto al lato di ritorno del nastro e aiuta a mantenere il tensionamento. Il tamburo di rinvio di solito non è motorizzato e ruota liberamente per facilitare il movimento del nastro.

I tamburi in un nastro trasportatore sono progettati per resistere alla tensione e al carico del materiale trasportato. Sono tipicamente realizzati in acciaio e, in base alle esigenze dell’applicazione, possono essere rivestiti con uno strato di gomma, che fornisce un coefficiente di attrito più elevato e permette di trasmettere coppie maggiori. Il diametro e la larghezza del tamburo possono variare a seconda di fattori come la larghezza del nastro, la capacità di carico e la velocità del trasporto. Una corretta manutenzione del tamburo è fondamentale, comprendendo ispezioni regolari, pulizia e lubrificazione per evitarne l’usura e garantirne una rotazione fluida.

I rulli

I rulli hanno un ruolo fondamentale per consentire lo sviluppo in lunghezza del nastro trasportatore. Si tratta di componenti di forma cilindrica montanti su un telaio, o “struttura di supporto”, mediante cuscinetti che ne conferiscono la possibilità di ruotare liberamente. Le principali funzioni dei rulli sono:

  • Sostegno e stabilità: il nastro, poggiando su di essi, scarica il peso del materiale trasportato e il peso del nastro stesso in modo uniforme lungo il percorso, riducendo così la flessione e mantenendo il corretto tensionamento. Il nastro riesce in questo modo a conservare una superficie stabile e rettilinea per il trasporto del materiale.
  • Scorrimento fluido: il nastro scorre in maniera agevole sui rulli con una resistenza all’avanzamento minima. Ciò è possibile, in primo luogo, grazie al materiale e alle lavorazioni sullo strato esterno del rullo che riducono al minimo l’attrito con il nastro e, in secondo luogo, al sistema di cuscinetti che permette al rullo di ruotare con una resistenza alla rotazione molto ridotta.
  • Assorbire urti in fase di carico: alcuni appositi rulli sono concepiti con la specifica funzione di supportare e assorbire le sollecitazioni nella zona di carico del materiale.
  • Allineamento: i rulli contribuiscono a mantenere il nastro centrato e allineato lungo il percorso evitando possibili incrementi di tensioni e la caduta accidentale di materiale durante il percorso.

Più lunga è la distanza che il nastro deve percorrere, maggiore deve essere il numero di rulli. Siccome essi rappresentano una parte non trascurabile del costo complessivo del sistema, il loro corretto dimensionamento è fondamentale per migliorarne l’efficienza e aumentare la loro vita utile.

La struttura di supporto che ospita i rulli scarica le forze ricevute dal nastro. Questa struttura è generalmente realizzata in acciaio ed è fissata sulla struttura portante del nastro trasportatore. L’assieme di rulli e telaio prende il nome di “stazione”. Si possono distinguere principalmente due tipologie di stazioni: la stazione “a rulli portanti” e la stazione “a rulli di ritorno”. La prima è posizionata nella parte del sistema in cui il nastro scorre trasportando il materiale. Per questo motivo essa è la stazione più critica e deve svolgere correttamente sia la funzione di supporto del carico sia quella di scorrimento con minima resistenza. La stazione a rulli portanti ha inoltre un ruolo fondamentale nel conferire al nastro la forma corretta durante il trasporto. In base alla tipologia di materiale da trasportare, la sua forma e la portata, le normative definiscono le dimensioni e la forma della sezione trasversale del nastro durante la fase di trasporto. Nella Fig. 2 è possibile osservare esempi di profili dei nastri.

Figura 2. Esempi di sezione trasversale del nastro [Fonte: www.rulmeca.com]

Mediante la introduzione di rulli e telaio, si conferisce al nastro la forma definita in fase di progettazione. Il numero di rulli e il loro posizionamento influenza principalmente la lunghezza dell’impianto e la portata di materiale trasportato. L’aumento della portata può essere ottenuto anche con nastri più larghi (quindi con rulli di lunghezza maggiore, o aumentando l’angolo dei rulli obliqui con il piano orizzontale.

Nella Figura 3 sono raffigurate le configurazioni con rulli allineati (quella che consente la minima portata trasportata), la configurazione con due rulli a “V” la quale crea una sezione concava in cui poter accumulare e trasportare più materiale a parità di numero di rulli e loro lunghezza, e infine la configurazione a tre rulli in cui l’angolazione variabile dei rulli laterali serve a variare la portata trasportata.

Figura 3. Configurazione rulli in parallelo (a), con due rulli a “V” (b) e con tre rulli [Fonte: www.rulmeca.com].

Le stazioni a rulli di ritorno supportano il movimento del nastro nella fase in cui è scarico. La loro principale funzione è quella di sostenere il nastro e mantenere il corretto tensionamento. Le configurazioni tipiche sono due, mostrate in Figura 4: quella con uno o due rulli in parallelo e quella con due rulli a “V”.

Figura 4. Stazioni a rulli di ritorno: configurazione con uno o due rulli in parallelo (a) e configurazione con due rulli a “V” (b) – [Fonte: www.rulmeca.com]

Il numero di stazioni a rulli portanti è maggiore di quello delle stazioni a rulli di ritorno come è facilmente intuibile, poiché le prime sono incaricate di supportare il lato carico del nastro. È possibile per tale ragione definire il passo di una stazione, ovvero la distanza che intercorre tra una stazione all’altra. I produttori delle stazioni forniscono specifiche tecniche e raccomandazioni costruttive per i progettisti, tra le quali vi è appunto anche il passo delle stazioni. Il passo varia in funzione della larghezza del rullo e del tipo di materiale trasportato. Il passo delle stazioni a rulli di ritorno è circa due-tre volte maggiore di quelle di supporto. Nella zona di carico, il passo è ridotto ulteriormente a causa della maggiore inflessione del nastro che potrebbe generarsi in quella zona.

Un tipo particolare di stazione a rulli portanti è la “stazione a rulli d’impatto”. Essa è dotata di rulli in grado di assorbire l’energia proveniente da urti che si potrebbero verificare durante il trasporto. Per tale ragione questo tipo di stazione è collocata soprattutto in due punti cruciali del percorso: nella zona di carico e nei punti in cui si ha il passaggio da un tratto inclinato ad uno orizzontale. Questo sistema permette di ridurre i carichi puntuali che il nastro deve sopportare, prevenendo danni o deformazioni indesiderate, e fornire al nastro una maggiore stabilità. Per poter svolgere al meglio la funzione di assorbimento di energia, i rulli d’impatto possono essere rivestiti con una gomma o un materiale elastico sulla superficie esterna.

Un ulteriore tipo di stazione di notevole interesse è la “stazione a rulli autocentrante”. Essa può essere prevista sia nel tratto carico sia in quello scarico. La sua funzione principale è di mantenere il nastro in posizione centrata, evitando così pericolosi disallineamenti. Come è possibile osservare nella Figura 5, sono introdotti due rulli guida sulle due estremità della stazione. Nel contatto nastro-rullo guida, la resistenza all’avanzamento del nastro è minima, tuttavia, si crea una forza perpendicolare alla direzione di avanzamento del nastro che risulta determinante per il suo centraggio.

Il sistema tenditore

Il sistema tenditore è un componente essenziale per il funzionamento del nastro trasportatore. Esso ha il compito di regolare la tensione del nastro in modo che sia adeguata al corretto funzionamento del sistema. Un corretto pre-tensionamento assicura una buona aderenza del nastro sul tamburo. Si ricerca pertanto un valore di forza idonea a cui il nastro debba essere sottoposto. Una forza di tensionamento insufficiente causerebbe lo strisciamento sul tamburo motore, la perdita di avanzamento e l’usura accelerata di nastro e tamburo stesso. Tuttavia, una forza eccessiva porterebbe ad un sovraccarico tensionale del nastro e una riduzione della sua vita utile. Sono disponibili diverse tipologie di sistemi di tensionamento, fra cui le seguenti.

  • Il tenditore a vite, ovvero un sistema meccanico che trasforma un moto rotatorio in una traslazione. Applicando quindi in input una rotazione, si ottiene una traslazione del tamburo tenditore che permette di tensionare il nastro. I vantaggi di questo sistema sono il basso costo di acquisto e di manutenzione, mentre gli aspetti negativi sono l’utilizzo limitato a sistemi con carichi medio-bassi e la regolazione manuale.
  • Tenditori idraulici o pneumatici, i più complessi e costosi ma anche i più facilmente regolabili e adatti ad alti carichi. Per generare la traslazione del tamburo, i primi sfruttano la pressione idraulica mentre i secondi la pressione generata dall’aria compressa. Sono molto utili nei casi in cui la tensione del nastro debba essere sempre controllata e modificata.
  • Il tenditore con contrappeso, probabilmente il sistema più semplice poiché non richiede nessuna alimentazione esterna o meccanismo di regolazione. Esso è costituito da un tamburo tenditore collegato ad un contrappeso. Il limite di questo sistema è che il carico di tensionamento rimane costante anche se le forze agenti sul nastro, e quindi le sue deformazioni, variano durante il funzionamento. Per questo il tamburo tenditore è montato su una guida sulla quale è in grado di scorrere al variare delle diverse condizioni di carico del nastro.

Dimensionamento del sistema secondo ISO 5048

Come descritto in precedenza, un metodo che può essere utilizzato per ottenere un primo dimensionamento del nastro e della potenza minima del sistema, seguendo un approccio “quasi statico”, è la norma ISO 5048. Questa norma ha come scopo principale quello di semplificare notevolmente la procedura di calcolo, concentrando tutte le perdite in pochi coefficienti e ottenendo sia la massima forza sul nastro sia la potenza nominale minima del motore. Tale procedura quanto semplice possa sembrare, in reale risulta molto efficace.

Calcolo delle resistenze al moto

Per poter mantenere in moto un sistema, occorre fornire una forza che sia almeno pari a tutte quelle che si oppongono ad essa durante il funzionamento. Pertanto, il primo passo della norma ISO è quello di calcolare tutte le resistenze classificandole in modo diverso, in funzione della loro origine.

Le resistenze definite “principali” sono quelle riguardanti le masse mobili del sistema e del materiale trasportato. La forza utile (FU) a movimentare il sistema dipende quindi dalla relazione seguente:

in cui:

  • mn è la massa del nastro
  • mr è la massa dei rulli presenti nel sistema
  • mt è la massa dei tamburi
  • L è la lunghezza del tratto sottoposto al carico trasportato
  • qG è la densità lineare del carico trasportato.
  • µ è il coefficiente di attrito. Viene stimato un unico coefficiente di attrito per tutte le tipologie di interazioni, come nastro-tamburo o tamburo- perno.
  • g è l’accelerazione gravitazionale

La densità lineare del carico qG può essere calcolata con la seguente formula:

in cui:

  • Qv è la portata di materiale trasportato (in m3/s), la quale generalmente è una specifica di progetto
  • ρcarico è la densità del carico trasportato (in kg/m3)
  • v è la velocità del nastro nel tratto carico (in m/s)

Per quanto riguarda il coefficiente di attrito µ, una stima di base è pari a 0.02. Tale valore può essere ridotto, nel caso di sistemi molto efficienti in relazione ai sistemi di strisciamento e ai cuscinetti di rulli e tamburi. Ma può raggiungere il valore di 0.03 nel caso di sistemi che lavorino in condizioni gravose, velocità elevate, pendenze elevate tra carico e scarico, distanze elevate tra i rulli e con efficienze minori.

Un’altra resistenza principale è quella riguardante i dislivelli altimetrici durante il tragitto. Essa può essere determinata in modo esatto con la seguente formula:

in cui H è il dislivello altimetrico, considerato positivo quando il punto di scarico è più alto di quello di carico.

Le resistenze “secondarie” (Fsec) e quelle “speciali” (Fspec), come sono definite nella norma ISO, sono molto utili per ottenere una stima più accurata della forza motrice necessaria e della potenza operativa del nastro trasportatore. La norma riporta un numero elevato di resistenze calcolabili, tuttavia è possibile semplificare il calcolo trascurandone alcune e concentrando l’attenzione solo sulle resistenze dovute alle inerzie e all’attrito nella zona di carico, all’attrito del materiale trasportato con le pareti laterali del canale di accelerazione, all’attrito con i sistemi di raschiatura (pulizia) e all’inclinazione dei rulli portanti. Sommando tutti i contributi citati in precedenza, la forza utile a movimentare correttamente il sistema, in funzione dei requisiti di progetto è:

Calcolo della potenza minima

La potenza minima (Ptm) da fornire al tamburo motore per poter movimentare il sistema si può calcolare attraverso la forza utile per contrastare le resistenze del sistema e la velocità del nastro nel ramo responsabile del trasporto del materiale.

Da quest’ultima equazione, considerando un fattore η per l’efficienza del sistema di trasmissione, è possibile calcolare la potenza minima del motore (Pmot) in grado di movimentare il sistema:

Forza minima di tensionamento

La normativa ISO fornisce anche ulteriori informazioni in merito alla tensione minima da mantenere sul lato scarico del nastro per poter trasmettere correttamente la forza utile FU descritta in precedenza. Essa può essere calcolata attraverso la seguente formula:

in cui:

  • FU,max è la forza utile massima che molto spesso si raggiunge durante le fasi di accensione o blocco.
  • µ è il coefficiente di attrito tra nastro e tamburo. La norma fornisce anche possibili range di valori per la stima di tale parametro, in funzione dello strato di materiale usato per ricoprire il tamburo motore e delle condizioni di lavoro del sistema (ad esempio asciutto o umido, alto o basso livello di pulizia).
  • f è l’angolo di avvolgimento del nastro attorno al tamburo motore e dipende dalle condizioni geometriche del sistema.

Bibliografia

[1]        Gabriel Lodewijks. «Two decades dynamics of belt conveyor systems». In: Bulk Solids Handling 22.2 (2002), pp. 124–132.

[2]        Iman Satria e Meifal Rusli. «A comparison of effective tension calculation for design Belt conveyor between CEMA and DIN Standard». In: MATEC Web of Conferences. Vol. 166. EDP Sciences. 2018, p. 01007.

[3]        Kevin T Andrews, Meir Shillor e S Wright. «On the dynamic vibrations of an elastic beam in frictional contact with a rigid obstacle». In: Journal of elasticity 42 (1996), pp. 1–30.

[4]        Piotr Bortnowski, Lech Gładysiewicz, Robert Król e Maksymilian Ozdo- ba. «Models of Transverse Vibration in Conveyor Belt—Investigation and Analysis». In: Energies 14.14 (2021), p. 4153.

[5]        Giorgio Avanzato. «Progettazione e modellazione di impianto a nastro per movimentazione interna a stabilimenti industriali», Tesi di laurea magistrale in Ingegneria Meccanica, Politecnico di Torino, 2023.