L’intelligenza artificiale vale 200 milioni di euro in Italia

Giovanni Miragliotta, Direttore dell'Osservatorio Artificial Intelligence

Il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia vale 200 milioni di euro in settori quali banche, manifattura, utility e assicurazioni. La spesa si concentra su Intelligent Data Processing (33%) e poi Natural Language Processing e Chatbot/Virtual Assistant (28%). Ecco alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), presentata al convegno “Artificial Intelligence: learn to fly!” organizzato al Campus Bovisa.

È stata definita la Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale, aumenta la consapevolezza delle aziende, cominciano a svilupparsi numerosi progetti. In Italia si fa strada l’Artificial Intelligence e il mercato – tra software, hardware e servizi – nel 2019 raggiunge il valore 200 milioni di euro, di cui il 78% commissionato da imprese italiane e il 22% come export. Tra i diversi settori, l’AI è diffusa in particolare nelle banche e finanza (25% del mercato), nella manifattura (13%), nelle utility (13%) e assicurazioni (12%). La quota principale della spesa (il 33%) è dedicata a progetti di Intelligent Data Processing, algoritmi per analizzare ed estrarre informazioni dai dati seguiti da quelli di Natural Language Processing e di Chatbot/Virtual Assistant (28%) in grado di comprendere il linguaggio naturale ed eventualmente fornire risposte a un interlocutore.

Imprese più consapevoli

Rispetto ad un anno fa, le imprese italiane si dimostrano più consapevoli dei contorni reali di questa tecnologia: il 90% ha compreso che l’AI può replicare specifiche capacità dell’intelligenza umana, mentre è stata lasciata alle spalle l’idea secondo cui può replicarla completamente (considerata ancora dal 6% delle aziende). Il 3% la associa a Chatbot o automobili autonome, mostrando una comprensione limitata; l’1% a robot dalle sembianze umane, in una visione completamente distorta. Tra le aziende della domanda, ben il 79% vede l’intelligenza artificiale un’opportunità, solo il 3% un’innovazione destinata a non affermarsi (e il 18% non ha ancora un’opinione). Nei prodotti e servizi acquistabili dai consumatori finali, però, la diffusione dell’Artificial Intelligence è ancora limitata. Solo il 5% di 407 categorie di prodotti o servizi sul mercato prevede funzionalità di AI, percentuale che sale al 31% tra quelli “nativamente elettronici”, come smartphone e automobili, ma anche televisori, sistemi audio, fotocamere, piccoli elettrodomestici. Se oggi il 19% della spesa totale delle famiglie italiane è indirizzato a categorie con almeno un prodotto o servizio che contiene AI, nel breve periodo si prevede ampio spazio per nuove soluzioni.

Più soluzioni di AI

Il 96% delle imprese che hanno già implementato soluzioni di AI non rileva effetti di sostituzione del lavoro umano da parte delle macchine, solo l’1% nota che l’AI ha eliminato alcuni posti di lavoro, mentre il 3% ha mitigato gli effetti sui lavoratori coinvolti grazie a strumenti di protezione sociale. Più che sostituire le capacità degli esseri umani, l’AI le sta aumentando: il 48% delle imprese evidenzia che le soluzioni di intelligenza artificiale adottate non hanno direttamente coinvolto attività svolte dalle persone, il 28% che le attività sostituite hanno permesso ai lavoratori di dedicarsi con maggiore dedizione a quelle rimanenti, il 24% che sono stati necessari ricollocamenti, anche parziali, dei lavoratori coinvolti. Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net)*, presentata al convegno “Artificial Intelligence: learn to fly!” organizzato al Campus Bovisa.

“Il valore di 200 milioni di euro per il mercato dell’AI in Italia rappresenta solo l’inizio di un percorso, dal potenziale largamente inesplorato – afferma Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Le imprese italiane sono sempre più consapevoli dell’opportunità di questo trend e si stanno strutturando per creare le condizioni di uno sviluppo sostenibile e rapido dei progetti: quelle che si sono mosse per prime stanno passando dalla sperimentazione all’implementazione o alla messa in produzione, molte altre stanno creando le condizioni abilitanti, dal punto di vista della gestione dei dati e della conoscenza delle metodologie e degli algoritmi, per intraprendere il percorso di adozione”.

“La pubblicazione a luglio 2019 della Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale rappresenta un’importante iniezione di fiducia delle istituzioni verso le imprese italiane – spiega Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -: da questo documento si produrrà nei prossimi mesi il Piano Italiano per l’AI, da cui ci si aspetta l’attivazione di investimenti pubblici dedicati allo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di AI per circa un miliardo di euro entro il 2025, supportata dallo stesso ammontare dal mondo privato, con un’enfasi attribuita ai dati e alla loro accessibilità come veicolo trainante”.

“Dopo un primo periodo in cui l’attenzione sembrava monopolizzata dal tema del saldo occupazionale, sta iniziando ad affermarsi l’opinione secondo cui l’AI non genererà scompensi di rilievo e, anzi, rappresenti una necessità per garantire gli attuali livelli di benessere a fronte dell’invecchiamento della popolazione attiva – dice Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence –. Si evidenzia però un rischio di polarizzazione e di inasprimento delle disuguaglianze sociali, in virtù della forte domanda di competenze specialistiche. A questo va aggiunto, più in ampio, lo squilibrio che deriva dalla concentrazione del patrimonio informativo nelle mani di pochi soggetti globali. Questo è davvero il terreno su cui dovrebbero concentrarsi le riflessioni e le azioni degli enti governativi, nazionali ed internazionali”.

Il mercato

La maggior parte della spesa per l’AI in Italia è dedicata a software, seguita dai servizi (per l’integrazione, personalizzazione, consulenza e formazione). La spesa in hardware (supporto dell’immagazzinamento e elaborazione dei dati) invece è ancora contenuta per la diffusione di soluzioni spesso as-a-Service, che non richiedono investimenti diretti in hardware computazionale e di archiviazione, ma anche perché la maggior parte dei progetti è ancora in fase di prototipo e non richiede una potenza computazionale superiore.

Tra le diverse tipologie di soluzioni, il 33% del mercato italiano è dedicato all’Intelligent Data Processing, il 28% al Natural Language Processing e ai Chatbot/Virtual Assistant, poi ai Recommendation System (18%), algoritmi per suggerire ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze, RPA intelligente (11%), cioè soluzioni in cui l’AI automatizza alcuni task di un progetto e ne governa le varie fasi, Computer Vision (10%) per analizzare il contenuto di un’immagine in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione.

La maturità dei progetti

Cresce la maturità dei progetti di AI sviluppati dalle aziende, anche se solo il 20% ne ha già a regime e l’11% in via di implementazione. Il 23% vede l’Artificial Intelligence ancora come sperimentazione (23%) o come idea progettuale (12%), il 17% ne svilupperà in futuro e un altro 17% non ha alcuna iniziativa. Secondo le dimensioni dell’AI Journey (il percorso di avvicinamento all’Artificial Intelligence definito dall’Osservatorio), il 17% delle imprese italiane risulta “immobile”, con un’infrastruttura per l’acquisizione non ancora sufficiente per implementare un progetto di AI. Il 21% è “entusiasta”, sfrutta cioè i dati in possesso con soluzioni standard; il 36% è “in cammino”, a uno stadio intermedio; il 14% “apprendista” e sta migliorando qualità e quantità dei dati per sviluppare algoritmi in modalità stand-alone; il 4% “organizzata”, con ambito organizzativo-culturale più sviluppato di quello tecnologico; l’8% “avanguardista”, il profilo più evoluto di chi si è mosso prima, pur non avendo raggiunto ancora la piena maturità.

Spinta e barriere ai progetti di AI

Molte imprese si trovano ancora in fase di avvicinamento all’AI. Poco più di metà (53%) ha adottato un “approccio esplorativo”, partendo dalla conoscenza dell’Artificial Intelligence per identificare un business case in base alle priorità, mentre il 47% ha ricevuto una spinta dalla filiera: clienti che richiedono servizi e prodotti più innovativi, fornitori tecnologici, competitor. Il principale freno all’avvio di un progetto di AI è la mancanza di competenze, per l’89% delle organizzazioni, seguita dalla reperibilità di queste sul mercato del lavoro (76%) e dai problemi di compliance nella privacy (70%). Ma ci sono anche la necessità di customizzazione dell’offerta sul mercato (53%), l’identificazione di un’offerta che risponda alle esigenze tecnologiche (49%) e l’accettazione da parte dei dipendenti (47%).

Le soluzioni

Tra le diverse soluzioni di intelligenza artificiale, Chatbot/Virtual Assistant sono le più diffuse in Italia: il 12% delle aziende ha già progetti a regime, che spesso non si limitano al solo servizio di assistenza ai clienti, ma sono utilizzati in ambito HR per la selezione dei candidati o per migliorare l’interazione con comandi vocali. Per diffusione poi si trovano soluzioni di Intelligent Data Processing con il 10% di progetti operativi. Le applicazioni di Natural Language Processing sono ancora poco mature: solo l’8% delle iniziative è a regime, ma presentano un alto potenziale in particolare per automatizzare la ricerca di documenti, tradurre o riassumere testi o valutare il sentiment di recensioni di prodotti. Nella Computer Vision ad oggi solo il 3% dei progetti è a regime, ma si attende un grande sviluppo nel prossimo futuro grazie alla sempre più performante capacità d’indagine. Le imprese italiane hanno compreso le potenzialità del Recommendation System in molti campi: il 7% dei progetti è a regime. Faticano a diffondersi invece le soluzioni di AI nei sistemi di Robotic Process Automation: solo nel 5% dei casi l’AI guida i processi di RPA in modo autonomo e intelligente. Sono rare anche le soluzioni fisiche di AI, come gli Autonomous Vehicle, Autonomous Robot e Intelligent Object, il cui potenziale è ancora inesplorato, anche se non mancano le prime sperimentazioni.

Le applicazioni nel mondo

Da un’indagine dell’Osservatorio su 1000 casi di applicazione dell’intelligenza artificiale di 750 organizzazioni in tutto il mondo emerge come anche nel 2019 le soluzioni di Intelligent Data Processing siano le più diffuse a livello internazionale (38%), seguite da Chatbot/Virtual Assistant (15%) e Intelligent Object (12%). Con percentuali inferiori al 10% poi Computer Vision (9%), Autonomous Robot (6%), Autonomous Vehicle (6%), Recommendation System (5%), Language Processing (5%) e Robotic Process Automation – RPA (4%). Valutando il livello di maturità, l’ambito più consolidato è la Robotic Process Automation dove oltre metà dei casi analizzati (52%) è a regime o in implementazione, poi Recommendation System (46%) Chatbot/Virtual Assistant (43%), Image Processing (38%), Intelligent Data Processing (36%). Il settore più attivo è quello Bancario e Finanziario, che raccoglie il 26% delle applicazioni, poi Utility (12%), Manifatturiero (9%), GDO & Retail (8%).

Le startup

Continua a crescere l’interesse per le startup nel mercato dell’Artificial Intelligence, che nel triennio 2017-2019 complessivamente hanno raccolto nel mondo 18,5 miliardi di dollari con un finanziamento medio di 13,1 milioni. Nella distribuzione geografica il primato va al Nord America (12,2 miliardi di dollari e un finanziamento medio di 17,1 milioni), seguito da Asia (4,15 miliardi di dollari, finanziamento medio 15,6 milioni) e poi Europa (2,1 miliardi di dollari, finanziamento medio di 5,4 milioni), mostrando come accanto al tradizionale incubatore di startup USA si stia affermando il polo cinese. In Italia complessivamente i finanziamenti raccolti ammontano a 8 milioni di dollari per una media di 890.000 dollari per startup. Si moltiplicano le acquisizioni da parte dei grandi player: dal 2015 al 2018 il numero annuo di acquisizioni di startup AI nel mondo è passato da 39 a 166. Nel 2019 solamente fino ad agosto ne erano già state registrate 145.