James Webb, il telescopio spaziale è arrivato a destinazione

James Webb
Il telescopio spaziale James Webb ha raggiunto senza problemi la destinazione prevista, a 1,5 milioni di chilometri dalla terra.

Il telescopio spaziale James Webb ha raggiunto senza problemi la destinazione prevista, a 1,5 milioni di chilometri dalla terra.

Nasa, assieme alle agenzie spaziali europea (ESA) e canadese (CSA) hanno annunciato che il telescopio spaziale James Webb è arrivato senza alcun intoppo in una zona dello spazio, a 1,5 milioni di chilometri dalla terrra, chiamata Secondo punto di Lagrange, scelta perché si tratta di un punto di osservazione dello spazio nel quale le influenze di terra, sole e luna sono equilibrate.

Anche l’Italia ha un ruolo importante in questa missione, che vede la partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

Il viaggio di James Webb, il più grande telescopio presente sino ad ora nello spazio (superando il primato del predecessore Hubble), è iniziato con il lancio del razzo Ariane-5 partito il 25 dicembre scorso dalla base di Kourou nella Guyana Francese.

Secondo i team di scienziati, ingegneri e astronomi che lo hanno messo a punto, sarà in grado di osservare la galassie apparse subito dopo il Big Ben e di ottenere informazioni visive sulla formazione degli esopianeti e delle stelle.

Credit: Nasa/Chris Gunn

I progetti di James Webb

Il telescopio, che ha uno specchio segmentato di 6,5 metri di diametro, dedicherà la maggior parte del suo tempo ai programmi di tipo “General Observer”, una serie di progetti proposti dalla comunità astronomica di tutto il mondo per studiare stelle e pianeti lontani, nonché galassie lontanissime, le prime ad essersi formate nella storia dell’universo. Nel primo ciclo di operazioni, questi programmi ammonteranno a circa 6000 ore, ovvero 250 giorni.

Alla guida di un terzo delle proposte, selezionate lo scorso aprile, vi sono ricercatori e ricercatrici di paesi membri dell’Esa e tra esse, nove hanno un principal investigator che lavora in Italia. Sette di loro, in forza all’Istituto nazionale di astrofisica, utilizzeranno Jwst per studiare: le nane brune, corpi a metà tra pianeti e stelle; la nascita di stelle in ambienti “estremi”; l’origine dei potenti getti di materia durante la formazione stellare; come si formano le galassie più massicce dell’universo; il ruolo dei buchi neri supermassicci nell’evoluzione galattica; la prima generazione di stelle del cosmo.

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