Il futuro della produzione additiva

* Riceviamo e pubblichiamo con piacere questo contributo di Paolo Parenti, ricercatore del Politecnico di Milano e collaboratore del MUSP.

Se è vero che le fiere di macchinari rispecchiano lo stato attuale di un mercato manifatturiero, quello additivo è un mercato che esiste, è vivo ed in mutuo cambiamento, secondo quando si è potuto notare nel corso dell’ultima edizione di Formnext. Un settore, quello dell’additive manufacturing, che sta subendo una crescita continua ed esponenziale sul territorio Europeo ma non solo. Seppure i numeri assoluti siano ancora di poco rilievo nell’intero panorama della produzione manufatturiera globale, vi è un potenziale di crescita ancora rilevante. Non vi è dubbio che una grossa spinta sia rappresentata dalla costante crescita dell’innovazione tecnologica ed è per questo che le tante aziende coinvolte in questa manifestazione fieristica non abbiano mancato di voler stupire i partecipanti in tal senso. Senza entrare nel merito delle strategie commerciali aziendali, il layout degli stand dell’evento riflette una buona eterogeneità del settore che tuttavia pare dare maggior peso (stando ai metri quadri occupati si intenda) a chi produce macchinari per le tecnologie metallo a letto di polvere (slm), per quelle a laser polimeri e per quelle di metalli basate su binder. Non sembra una coincidenza che queste siano le poche tecnologie che si possono permettere di produrre attualmente grandi numeri e che potenzialmente strizzano l’occhio a coloro che cercano una vera produzione additiva in serie. Quello che si nota però, rispetto all’anno precedente, è la nascita di una moltitudine di aziende minori che popolano lo stesso mercato (principalmente slm).

I prodotti

Le filiere additive sono lunghe, complesse e non ancora consolidate. È bene quindi in un evento fieristico come questo dal calibro internazionale riuscire a tenere assieme tutti i vari step, dalla produzione del materiale fino alla caratterizzazione dei pezzi, per riuscire a soddisfare le domande ed i bisogni, molto diversi, dei principali comparti industriali interessati all’additivo, come Aerospace, Automotive, Mold-Die e Med-Tech. La prova di questa necessità è stata la presenza di una ampissima varietà di tipologie di “prodotti” presenti.

Tecnologie additive e di post-processing: Sistemi a letto di polvere laser ed EBM, sistemi per la deposizione diretta, quelli basati su saldatura a filo, sistemi per la stampa basati su binder come l’estrusione ed il binder jetting, i sistemi ibridi, quelli a photo-polimerizzazione e quelli basati su laminazione di fogli.

Tecnologie post-processo: Forni per i trattamenti termici, per i debinding termici e la sinterizzazione. Macchine per asportazione di truciolo (fresatura, tornitura, rettifica, segatrici), elettroerosione a filo/tuffo dedicate ai pezzi additive, marcatura e texturizzazione laser, macchine per la lucidatura meccanica basata su abrasivi, sabbiatrici, lappatrici, processi di trattamenti superficiali chimici, elettro-chimici, coating CVD/PVD,

Materiali: Dalle polveri metalliche atomizzate ivi incluse quelle di materiali nobili a quelle refrattarie fino alle bobine di fili polimerici, di fili a polimero caricato, compositi a fibre corte e a fibre lunghe. Sistemi per la gestione delle polveri (pre e post-processo per il suo riciclo)

Metrologia e strumenti per la caratterizzazione qualità: sistemi di caratterizzazione automatica della polveri, strumenti di misura a contatto e non per pezzi stampati e pezzi da stampare, scanner 3D per il reverse engineering, sistemi radiografici e tomografici 3D.

Chiudono tutti gli strumenti e macchinari di impianto accessori, il comparto servizi e consulenza.

Vera produzione e basso costo

Due sono le novità, per così dire, che riguardano le tecnologie a letto di polvere trainanti il settore della produzione additiva di metallo. Da un lato, le aziende operanti nel settore sembrano spingere forte sul discorso produttività. Pur di aumentarle si è disposti ad inventarsi di tutto. Un esempio è Aurora Labs che a Formnext ha lanciato una macchina innovativa a letto di polvere basata sul complicato concetto di multi-layer printing, capace a quanto dicono di infrangere i limiti di produttività delle alle attuali tecnologie. All’altro opposto, si iniziano a vedere sistemi per la stampa 3D di metallo a letto di polvere che mirano al low-cost. Tante aziende, di cui un paio italiane, stanno iniziando a lanciare sistemi slm metallo a basso costo, che riducono la soglia di ingresso rispetto alle svariate centinaia di migliaia di euro delle macchine delle case più blasonate. Il motivo tecnico del perché ciò stia avvenendo solo ora non è chiaro mentre è chiarissimo il driver di questo cambiamento: abbassare la soglia di accessibilità per ampliare il mercato. A tal riguardo, si nota una partecipazione asiatica lato macchinari e forniture di materiali per l’additivo in netta crescita.

Un binder dirompente

Si è capito già dall’anno scorso che una delle innovazioni tecnologiche additive più interessanti, potenzialmente dirompente, è rappresentata dalle strategie binder-based (basate su leganti polimerici) per la produzione additiva di metallo, e non solo. Estrusione di feedstock e binder-jetting si confermano tra le novità. Quest’anno si è potuto apprezzare meglio, con esempi e pezzi demo più numerosi, di cosa siano capaci queste tecnologie. Da un lato, si possono ora stampare 3D con stampanti FDM fili, barrette o pellets di feedstock per ottenere pezzi metallici finiti con buone proprietà. È necessario però rimuovere dai pezzi stampati al verde il polimero effettuando dei cicli di lavaggio (debinding) e una sinterizzazione tramite appositi forni, come si fa nel Metal Injection Molding (MIM). Questo consente di produrre pezzi in metallo ma in ceramica o in carburo (con qualche limite)  con buone qualità ma soprattutto con macchine più sicure e a basso costo rispetto a sistemi laser/ebm. Dall’altro il Binder-Jetting sembra l’unica vera tecnologia additiva capace di scalzare il laser a letto di polvere dal trono del processo più industriale e production-oriented per stampare 3D metalli. Tecnologia simile a quella di estrusione di feedstock che si differenzia solo nella fase di stampa perché, invece di estrudere feedstock tramite un ugello, il processo prevede di spruzzare un binder molto liquido su un letto di polvere ottenendo un pezzo al verde che necessita poi di lavaggio e sinterizzazione. Grazie al fatto che si può stampare senza supporti e che il numero di ugelli che spruzzano il binder possono essere decine di migliaia questa tecnologia viene dichiarata adatta alla produzione vera in quanto riempie il volume di lavoro velocemente con pezzi dai dettagli finissimi. Lo hanno capito i big: Desktop Metal e HP in primis ma anche Ex-One (che possiede questa tecnologia dagli albori ma che ha lanciato il suo ultimo sistema alla fiera di quest’anno) e Digital Metal azienda nordica. Modelli di business differenti e macchine che si fanno attendere sul mercato (Ex-One a parte) sebbene in fiera di pezzi demo ce ne siano già tanti.  Secondo Desktop Metal, il tutto si gioca sul saper gestire l’intera catena di processo ed è per questo che è l’unica a fornire un sistema integrato con sistema di lavaggio e forno. Proprio Desktop Metal, con il lancio della binder jetting “a basso-costo” Shop System, si guadagna quest’anno il premio per il lancio di prodotto più spettacolare, con tanto di musica, effetti e telo nero che scompare verso il soffitto. Un’indicazione chiara di dove potrebbe andare il mercato? Forse.

Innovazione digitale

La produzione additive non può essere disgiunta dal concetto di automazione che a sua volta vive per mezzo dei software. È questo un altro dei punti chiave dell’innovazione digitale che il mercato additivo porta con sé. E questo si percepisce molto chiarmaente. Passeggiando tra gli stand ci si lascia prima di tutto colpire dalla quantità imbarazzante di schermi LCD appesi alle pareti oramai considerate virtuali che catalizzano l’attenzione anche involontariamente. Il software e la comunicazione digitale che ne consegue si stanno ritagliando uno spazio notevole nella filiera, più che meritatamente. L’obbiettivo dichiarato è la completa integrazione e gestione automatizzata dei processi coinvolti in tutto il ciclo produttivo, dalla simulazione di processo, al production planning&control fino al software per il training e la realtà virtuale a supporto dell’attività commerciale. Tutti i big produttori di macchine additive ne sono fermamente convinti e lo dimostrano con GUI e applicativi sempre più intelligenti facenti spesso uso di metodi innovativi di machine learning. Iniziano ad affacciarsi pesantemente a questo mercato colossi come Siemens, che, pur non producendo macchine (per ora), offrono un ricco portafoglio di prodotti software specifici per il mondo additivo.  L’alto numero di aziende software Third-Parties coinvolte comunque non fa che confermare l’elevato grado di attrattività che ha l’intero settore.

Un fatto rilevante

BEAMIT, azienda italiana che opera come contoterzista di primo livello nel settore additivo, ha annunciato a Formext 2019 la partnership con SANDVIK, leader mondiale in vari campi tra cui quello di produzione di polveri per il comparto additivo. Un produttore di materiale che si unisce ad un utilizzatore finale, lasciando fuori i produttori di macchine? Un nuovo modello di business sicuramente interessante.

L’Ibrido ed il post-processo

Non potevano mancare new-entry e qualche sorpresa anche nel comparto macchine Ibride. Tali macchinari nascono con l’idea di sfruttare sulla stessa macchina le potenzialità additive e sottrattive aumentando così il grado di utilizzabilità e capacità di portare alla lavorazione di pezzi finiti near net-shape. Di grande impatto è stato trovarsi di fronte alla nuova LASERTEC 125 3D Hybrid, macchina Ibrida dalle grandi dimensioni, lanciata in occasione della fiera di quest’anno dalla DMG MORI. Questa macchina, una 5-assi a deposizione diretta laser e dotata di analoghe capacità di fresatura fino a pezzi di 1,25 x 0,745 m, espande la linea di prodotti LASERTEC già esistente e si pone tra le migliori candidate per la manutenzione la riparazione e le produzioni di grandi parti fino a 2000 Kg di peso. Matsuura, azienda giapponese con origini sottrattive (fresatrici a CNC), propone macchinari additivi a letto di polvere laser capaci di alternare deposizione e fresatura “a caldo” come le macchine della serie LUMEX. Tali macchine Ibride nascono per il settore degli stampi portando con sé la capacità unica di ottenere prodotti con superfici finite sia su pareti esterne che interne, quindi non più accessibili dalla fresatura a prodotto finito. In tal modo, grazie all’approccio ibrido si possono ridurre drasticamente il numero degli inserti necessari alla composizione dello stampo stesso. Si sente però la mancanza dello stand Sodick, azienda anch’essa giapponese ma proveniente dal mondo delle macchine ad elettroerosione EDM, che offre una medesima categoria di macchinari. In aggiunta, che il post-processo delle parti additive fosse strategico del resto lo hanno capito ormai (quasi) tutti. Tale area strategica è stata quindi ben piantonata in fiera con una presenza in largo sviluppo di tecnologie e soluzioni dedicate, dai forni per i trattamenti termici (anche per le soluzioni binder-based) fino ai trattamenti superficiali.  Poche integrazioni però: spesso chi fa la macchina non offre soluzioni per il post-processo.

La sicurezza

Interessante qualche riscontro raccolto sul tema “produrre in sicurezza”. L’impressione avuta osservando le dotazioni di protezione individuale indossate durante la fiera da alcuni addetti ai lavori negli stand sembra confermare che questa è una questione sostanziale che richiede una corretta gestione, anche comunicativa.  La gestione dei rischi associati alle polveri utilizzate nell’additivo richiede conoscenza e porta con sé costi. Informare i potenziali nuovi clienti di questo oltre che opportuno sembra essere diventato obbligatorio per le aziende espositrici. Non potevano mancare strategie comunicative e di marketing associate a tali aspetti come quelle mostrate dai produttori di sistemi di estrusione di feedstock metallico (la polvere essendo inglobata in una matrice polimerica durante la stampa rappresenta un minore rischio con conseguenti minori costi).

Il futuro

Il futuro della produzione industriale sarà l’additivo? Sappiamo che le domande sul futuro sono sempre particolarmente ostiche per noi esseri umani. Siamo altresì d’accordo che cercare la risposta a questa specifica domanda alla fiera commerciale di riferimento è rischioso; non è però inopportuno. La quantità di informazioni che si raccolgono partecipando è elevatissima. Nei boots espositivi, assieme ai commerciali “puri”, la gran parte delle aziende ha messo a disposizione anche i migliori sviluppatori e progettisti delle macchine, del software e delle tecnologie con la speranza di riuscire a convincere i potenziali clienti ad investire in innovazione e al contempo di raccogliere da essi informazioni utili per delineare le proprie future strategie di sviluppo dei macchinari. È d’obbligo però un paragone, che chiama in causa coloro che provengono dalla produzione industriale tradizionale cioè “sottrattiva” e che bazzicavano, come l’autore del presente testo, tra le maestose fiere universali delle macchine utensili (EMO) dei primi anni duemila. Per costoro, rispetto a quelli che hanno approcciato il mondo della produzione tramite l’Additive Manufacturing, è sicuramente facile percepire la limitata maturità industriale del settore, navigando a vista tra i padiglioni della Formnext 2019. Decine di tecnologie diverse che puntano agli stessi target, una moltitudine di materiali diversi con poche certificazioni, una miriade di pezzi benchmark (in molti casi fine a se stessi senza una precisa collocazione industriale e lontani dall’essere considerati case-studies) fatti per attirare potenziali clienti, di potenziali mercati interessati. Pochissimi marchi commerciali di aziende venditrici dei prodotti additivi finali. Un grado di consolidamento limitato che si manifesta spesso sottoforma di risposte extra-confidenti del tipo “certo che si può fare, con questa macchina puoi fare potenzialmente tutto”. A suo tempo, nel mercato consolidato di cui sopra, era rassicurante (le stranezze della mente umana) essere liquidati con risposte del tipo “Questa macchina è nata per fare questo specifico pezzo e basta” e “No, non si può fare”. Che nel futuro della produzione su larga scala ci sia l’additivo è certo, ma quanto grande sarà la fetta di mercato non è dato sapere.