DFMA, una tecnica “green”

Una delle caratteristiche più importanti di un ingegnere è la capacità di progettare prodotti che possano essere realizzati con processi economicamente convenienti, sfruttando le tecnologie esistenti nel rispetto dell’ambiente. Il DFA è una tecnica per ridurre i costi totali di un prodotto

di Jessica Irons*

Molti ingegneri avranno probabilmente familiarità con i termini DFM (Design for Manufacturing) e DFA (Design for Assembly).

DFA è una tecnica per ridurre i costi totali di un prodotto, riducendo il numero totale dei componenti, i tempi di assemblaggio e la complessità delle operazioni di assemblaggio. DFM è una tecnica per ridurre i costi dei componenti attraverso la scelta del miglior processo di fabbricazione, di materiale ottimale e dell’attrezzatura migliore per fabbricare il prodotto.

Una delle tendenze più recenti nel mondo della progettazione è quella di combinare queste due tecniche (DFM e DFA) allo scopo di semplificare sia la fabbricazione che l’assemblaggio. Il concetto che ne deriva, denominato Design for Manufacturing and Assembly (progettazione per la fabbricazione e l’assemblaggio) o DFMA, è un metodo applicato con sempre maggior frequenza nella progettazione dei prodotti.

Il DFMA può essere utilizzato nell’intero il ciclo di sviluppo del prodotto, dalla scelta del concetto al monitoraggio della progettazione, la stima dei costi e il benchmarking del prodotto. Per esempio, un OEM di registratori di cassa ha riprogettato uno dei suoi principali prodotti con la tecnica DMFA, riuscendo a ottenere una riduzione del numero di componenti dell’85%, dei tempi di assemblaggio del 75%, della manodopera del 44% e del numero di fornitori del 65%. E’ riuscito anche a ridurre l’impiego di utensili e attrezzature di montaggio, risparmiando 1,1 milioni di dollari di manodopera per l’intera durata di vita del prodotto e liberando il 33% della superficie dedicata alla produzione.

Analisi del prodotto completo

Il DFMA (Design for Manufacturing and Assembly) è incentrato sull’analisi dei prodotti completi e dei relativi componenti e sub-assemblati. Qualora una parte rilevante del costo finale di un prodotto sia imputabile ai materiali, è ragionevole assumere che il modo più rapido per ridurre i costi sarebbe quello di eliminare dei componenti/sub-assemblati. Boothroyd e Dewhurst, i pionieri del metodo DFMA, hanno sviluppato il concetto di minimo numero teorico di componenti, che rappresenta l’obiettivo che il progettista deve porsi per ottenere un progetto che preveda il minor numero possibile di componenti/sub-assemblati.

Per stabilire se un componente sia candidato all’eliminazione, è necessario rispondere a una serie di semplici domande. Ci si deve chiedere se il componente sia necessario ai fini della funzionalità del prodotto; se il componente abbia un moto relativo rispetto agli altri componenti; se il componente debba essere di materiale diverso da quello degli altri componenti; e se il componente sia necessario per l’assistenza o lo smontaggio del prodotto. Se si risponde “sì” a una di queste domande, il componente in questione può essere necessario. Se invece la risposta è “no” a tutte le domande, il componente è candidato all’eliminazione. L’esercizio di progettazione del prodotto in modo tale che soddisfi il criterio di minimo numero teorico di componenti è lasciato all’immaginazione e alla creatività del team di progettazione.

La riduzione del numero di componenti è un vantaggio chiave dell’applicazione del metodo DFMA.

Il numero di componenti interessa tutti i reparti di un’organizzazione: dall’engineering al sourcing, dalla produzione agli acquisti, dalle vendite al marketing e dalla qualità all’assistenza clienti. La riduzione del numero totale di componenti ha l’evidente vantaggio di un minor numero di SKU (Stock Keeping Unit, codice identificativo del prodotto) da gestire e di un minor numero di materie prime da impiegare, ma presenta anche molti altri  benefici nascosti. Un minor numero di componenti comporta un minor numero di disegni da gestire, meno problemi di tolleranza, meno linee/attrezzature di assemblaggio (e quindi meno manodopera per l’assemblaggio), un minor numero di utensili, maschere, sistemi di fissaggio, ecc. e una catena di approvvigionamento globale più semplice.

Identificazione dei componenti da eliminare

I candidati all’eliminazione sono tipicamente le staffe, gli elementi di fissaggio e i vassoi di lamiera la cui unica funzione è quella di fissare altri componenti e sub-assemblati in modo che il prodotto funzioni. Tali componenti sono quelli più frequentemente considerati per l’eliminazione quando si pongono le domande sul minimo numero teorico di componenti. Un modo per ridurre il numero totale di viti, elementi di fissaggio, ecc. è quello di impiegare un metodo diverso per alloggiare i componenti interni, come per esempio l’utilizzo di uno chassis interno in polipropilene espanso (PPE).

La resilienza del PPE espanso consente il fissaggio di componenti interni quali circuiti stampati, ventole e alimentatori mediante accoppiamento ad attrito, senza necessità di ulteriori elementi. I componenti vengono posizionati semplicemente facendoli scorrere o inserendoli a scatto e sono tenuti in posizione dall’espanso. In linea con i principi del DFMA, possono quindi essere eliminate viti, staffe ed altri dispositivi di fissaggio la cui unica funzione è quella di tenere in posizione i componenti.

Un metodo per sostituire la struttura interna di un dispositivo con il PPE consiste nell’adottare un approccio sandwich con parti superiori e inferiori in PPE che bloccano tra loro i componenti. Invece di fissare una ventola muffin o un circuito stampato ad una parete o allo chassis con viti, i componenti possono essere inseriti a scatto nel pezzo di PPE inferiore sul quale viene applicato il pezzo di PPE superiore a mo’ di “sandwich”. Questo sistema consente non solo di eliminare elementi di fissaggio e staffe, ma contribuisce anche a smorzare le vibrazioni e/o il rumore della ventola.

Fissaggio snap-fit più rapido

Durante il montaggio, l’inserimento a scatto dei vari componenti nell’espanso è molto più rapido rispetto all’assemblaggio che richiede quattro o più viti per fissare un componente allo chassis. Il metodo del sandwich di espanso consente una sensibile riduzione dei tempi di manodopera – in alcuni casi di oltre il 50% – e l’eliminazione della necessità di utensili per l’assemblaggio, come per esempio il cacciavite. Inoltre, quando un addetto alla manutenzione deve sostituire o riparare determinati componenti, il fatto di poter rimuovere e sostituire rapidamente i componenti renderà le riparazioni molto più efficienti. Infine, grazie all’accoppiamento a scatto, rimuovere e separare i componenti per lo smontaggio e il riciclaggio a fine vita del prodotto è molto più facile.

Oltre alla resilienza, le proprietà del PPE conferiscono a una struttura di telaio in espanso resistenza e rigidezza elevate. Grazie a questa caratteristica, l’involucro esterno di un dispositivo può essere realizzato con un materiale più sottile e, in alcuni casi, può essere addirittura eliminato del tutto, lasciando all’espanso la funzione di protezione interna, supporto e involucro esterno. Nel caso della pompa di calore illustrata, l’espanso funge da supporto interno e da involucro esterno, proteggendo l’apparecchio durante il trasporto. Nel caso in cui l’involucro esterno debba avere una texture o una finitura superficiale particolare, l’espanso può essere stampato per conferire al prodotto finito l’aspetto desiderato.

Un vantaggio unico del PPE è la possibilità di stampare nel componente diversi tipi di canali. I canali sono utili per l’instradamento di tubi, fili o anche per dirigere il flusso d’aria.  Le piccole nervature comprimibili stampate ai lati dei canali consentono di inserire e mantenere in posizione fili e tubi senza necessità di ulteriori fissaggi. Nel caso dei canali per il flusso d’aria, questi possono essere progettati e stampati in modo tale che l’aria venga deviata verso il dissipatore, allontanandola dai componenti. La direzione del flusso d’aria all’interno dello chassis verso il punto in cui serve, consente di utilizzare ventole più piccole che spesso risultano anche più silenziose ed efficienti dal punto di vista energetico.

In un unico package, un dispositivo medico ha un dissipatore di calore esterno con l’espanso all’interno che dirige il flusso d’aria verso i punti giusti, e un involucro esterno che funge da dissipatore di calore.

Abbreviare anche il processo di progettazione

Il metodo DFMA consente di abbreviare il processo di progettazione del 40% e nonostante la fase iniziale di progettazione del concept richieda più tempo, in seguito occorrerà meno tempo per le eventuali modifiche da apportare alla progettazione e alla documentazione. L’impiego del PPE per realizzare lo chassis interno contribuisce anche a ridurre il tempo di progettazione e prototipazione, perché i prototipi possono essere realizzati senza l’ausilio di specifiche attrezzature.

Una volta terminata la fase iniziale di progettazione, è possibile costruire un prototipo preliminare utilizzando una fresa CNC. Dopo aver realizzato il progetto con un programma di modellazione CAD 3D, il progettista programma la macchina CNC per il taglio di una billetta di PPE. Il prototipo può essere testato mediante l’assemblaggio dei componenti e qualora siano necessarie modifiche, l’ingegnere può effettuarle con l’ausilio di un coltello a rasoio. I miglioramenti vengono quindi aggiunti al modello CAD e la successiva iterazione del prototipo può essere rapidamente attuata sulla fresa CNC.

Lo chassis interno in PPE offre ai progettisti una maggiore flessibilità e libertà nella scelta progettuale dello chassis interno in relazione alla lamiera esterna o all’involucro di plastica. I progettisti non devono più preoccuparsi di come fissare i componenti alla struttura, ma solo di progettare l’espanso nel modo più adatto all’involucro esterno per poter inserire e fissare i componenti a scatto. In alcuni casi, possono riuscire anche ad eliminare l’involucro esterno. Nel caso in cui l’involucro esterno non possa essere sostituito, i progettisti sono liberi di modificare l’interno del dispositivo apportando modifiche all’involucro esterno.

Un tocco di creatività

Poiché il PPE può essere stampato anche in forme estremamente complesse, lascia molto spazio alla creatività del progettista. Tuttavia, poiché l’utilizzo del Ppe espanso come componente interno di apparecchi e dispositivi è un concetto relativamente nuovo negli Stati Uniti, spesso la parte più difficile è insegnare ai progettisti a pensare letteralmente a un modo completamente nuovo di progettare i loro prodotti. Ed è qui che entra in gioco il DFMA.

Introdurre un progettista al concetto di DFMA e riduzione del numero totale di componenti lo incoraggerà a pensare in un modo nuovo. A sua volta, ciò lo indurrà a pensare di ridurre il maggior numero di componenti possibile, rendendo molto più fattibile l’idea di utilizzare il PPE come chassis interno. I progettisti possono quindi condividere con i colleghi la loro conoscenza per contribuire a diffondere il concetto al di là del loro team di progetto o gruppo di lavoro.

Una volta che l’idea ha preso piede, si diffonderà per tutta l’organizzazione facendo risparmiare tempo, denaro, materiali e mal di testa. Basta iniziare a pensare all’interno della scatola – sostituendo letteralmente l’interno di tale scatola con l’espanso.

 

*Jessica Irons ha conseguito il master in ingegneria gestionale ed è Marketing Specialist presso la Sonoco Protective Solutions. Sonoco è un fornitore globale da miliardi di dollari di packaging di prodotti consumer, prodotti industriali, imballaggi protettivi e servizi per la filiera dell’imballaggio, con sede a Hartsville, Carolina del Sud. Contatto: Sig.ra Irons al numero  847)632-9694o email: jessica.irons@sonoco.com.