Oggi, la domanda globale di ridurre i consumi di energia e di materie prime nel processo di produzione è diventata una questione molto rilevante, aumentando notevolmente la necessità di prodotti più efficienti. Di conseguenza, le richieste di mercato per consentire il riciclo economico dei prodotti e ridurre l’impatto ambientale alla fine della loro vita utile (End of Life) sono aumentate. Queste richieste possono essere soddisfatte aumentando il valore dei prodotti al termine della loro vita utile, consentendo la separazione non distruttiva dei loro componenti e materiali in modo che possano essere utilizzati nelle generazioni successive di prodotti o riciclate opportunamente.
di Marco Rossoni
Le aziende che progettano e producono una vasta gamma di beni di consumo sono sempre più soggette a pressioni legislative che richiedono loro di considerare le implicazioni legate alla “Fine Vita” dei loro prodotti. Ad esempio, la Direttiva ELV (End of Life Vehicle) in Europa stabilisce che il livello attuale di riutilizzo e riciclaggio del 75% (in peso) debba essere aumentato all’85%. La Direttiva WEEE (Waste Electrical and Electronic Equipment) è mira invece eradicazione della discarica come mezzo di smaltimento di materiali pericolosi come l’arsenico nei LED. Inoltre, ai produttori è richiesto di integrare strategie di smontaggio nella progettazione dei loro prodotti.
In passato, la progettazione di prodotti come le automobili raramente includeva la considerazione di cosa sarebbe successo quando venivano rottamati, sebbene alcune aziende, come BMW, siano state proattive in questo senso [1]. Queste direttive e pressioni normative pongono l’accento sull’importanza di considerare l’impatto ambientale dei prodotti a fine vita e incentivano i produttori a integrare il concetto di “Design for Disassembly” nella creazione dei loro beni. L’obiettivo di tali direttive è quello di promuovere un’economia circolare, in cui i prodotti vengono progettati per essere più sostenibili, riducendo la quantità di rifiuti destinati alla discarica e massimizzando il recupero e il riutilizzo di materiali.
Cos’è il Design for Disassembly?
In un mondo sempre più consapevole dell’impatto ambientale, il concetto di “Design for Disassembly” – progettazione per lo smontaggio – è emerso proprio come un approccio cruciale nello sviluppo sostenibile dei prodotti. Il “Design for Disassembly” è un approccio progettuale che mira a creare prodotti con l’intenzione di minimizzarne la perdita di valore a fine vita tramite la semplificazione del processo di smontaggio. Facilitare il modo in cui i prodotti possano essere smontati migliora e semplifica le procedure di riutilizzo e riciclo riducendo, di conseguenza, il loro impatto ambientale e promuovendo l’economia circolare. In generale, il Design for Disassembly si propone di:
- Semplificare il processo di de-manufacturing.
- Ridurre il tempo e i costi necessari per lo smontaggio.
- Consentire il recupero di componenti e materiali.
I principi chiave
Il Design for Disassembly coinvolge l’integrazione di principi specifici durante la fase di progettazione per garantire che un prodotto possa essere facilmente smontato e che i suoi componenti possano essere riutilizzati, riproposti o riciclati.
I principi chiave includono la modularità, la standardizzazione, la selezione dei materiali, le tecniche di fissaggio e l’etichettatura.
La modularità si riferisce alla pratica progettuale in cui un prodotto è composto da moduli distinti o componenti intercambiabili che possano essere facilmente assemblati o smontati. Questi moduli sono tipicamente unità autocontenute che possono essere sostituite, migliorate o riparate in modo indipendente senza influenzare la funzionalità dell’intero prodotto. Il principio progettuale della modularità semplifica i processi di produzione, manutenzione e fine vita consentendo di trattare singolarmente parti specifiche. La standardizzazione prevede l’utilizzo di dimensioni, forme e interfacce coerenti, consentendo parti intercambiabili tra vari prodotti o modelli. La selezione dei materiali si concentra sulla scelta di materiali che facilitano lo smontaggio, favorendo materiali riciclabili o biodegradabili. L’utilizzo di adeguate tecniche di fissaggio come viti invece di adesivi o saldature consente uno smontaggio più semplice. Inoltre, un’etichettatura chiara dei componenti con istruzioni di montaggio e smontaggio aiuta a facilitare il processo, riducendo gli errori e aumentando l’efficienza.
Le tecniche del Design for Disassembly
In generale si dividono le tecniche di Design for Disassembly in due categorie: la progettazione con smontaggio integrato o incorporato e il disassemblaggio attivo. La prima consiste in un meccanismo di smontaggio progettato per essere implementato direttamente nel prodotto. Questo meccanismo può essere attivato per avviare il processo di smontaggio utilizzando uno stimolo termico, elettrico, meccanico o elettromagnetico. Il cosiddetto smontaggio attivo, invece, consente la separazione degli assemblaggi utilizzando materiali o strutture intelligenti presenti nel prodotto che possono essere attivati mediante uno o più stimoli esterni.
Nonostante la grande riduzione del tempo di smontaggio offerta dalla progettazione con smontaggio incorporato, essa presenta diversi svantaggi. In primo luogo, durante l’implementazione, la natura specifica della disconnessione per feature del prodotto richiede una considerevole quantità di conoscenza e tempo da parte del progettista. In secondo luogo, la riduzione del tempo di smontaggio è limitata a causa dei vincoli fisici che riducono il numero di connessioni che possono essere scollegate contemporaneamente con un’unica azione di smontaggio. Terzo, le soluzioni sviluppate per un prodotto sono specifiche per lo stesso, pertanto non possono essere utilizzate in altre applicazioni senza considerevoli sforzi di riprogettazione.
Inoltre, sono richiesti notevoli sforzi da parte dei progettisti per implementare il meccanismo di smontaggio nella struttura del prodotto stesso. Di conseguenza, non è possibile garantire un aumento drastico dell’efficienza dello smontaggio a meno che il contatto fisico non venga eliminato dal processo di smontaggio. Inoltre, non è possibile ignorare i costi aggiuntivi durante la produzione, che mettono in discussione la sostenibilità economica di questa tecnica. Tutti questi motivi hanno reso essenziale il passaggio a un tipo di disassemblaggio più generico: il disassemblaggio attivo.
Disassemblaggio Attivo
Il Disassemblaggio Attivo è campo emergente nella ricerca dello smontaggio dei prodotti che consente lo smontaggio economico, non distruttivo e di massa dei prodotti [2]. Esso permette lo smontaggio automatico dei prodotti utilizzando giunti attivi e dispositivi di fissaggio sfruttando stimoli o trigger esterni come temperatura, forza magnetica o pressione. Questo è possibile grazie all’utilizzo dell’effetto memoria di forma di materiali intelligenti. Questo effetto può essere indotto nel materiale deformando il materiale nella sua fase martensitica, causando una deformazione permanente durante lo scarico. Oppure, può essere attivato riscaldando il materiale alla sua fase austenitica, causando il ripristino della forma iniziale del materiale. Questi materiali “intelligenti” sono conosciuti come leghe a memoria di forma (SMA) o polimeri a memoria di forma (SMP).
Un elemento SMA deformato può generare una grande tensione di recupero (anche 400–480 MPa) con una deformazione al ripristino della sua forma originale anche del 6-7% in base alla composizione chimica e alle principali caratteristiche microstrutturali della lega. Ad esempio, un cilindro di Nitinol con diametro di 15 mm e lunghezza di 29 mm può produrre una forza di 100 kN se compresso di 1 mm. Di conseguenza, gli SMA possono essere utilizzati per produrre dispositivi di smontaggio attivi che generano forze attuanti. Questi dispositivi attivi possono assumere la forma di tubi, perni a coda di rondine, perni a staffa, molle a spirale, nastri e rivetti.
L’alternativa polimerica, gli SMP, generano una forza di recupero molto bassa con una grande deformazione. Pertanto, gli possono essere utilizzati per produrre dispositivi di smontaggio attivi come rivetti, snap-fit, rondelle, viti e zip-snap fit. Il dispositivo di smontaggio attivo viene implementato nei prodotti durante le fasi di progettazione e assemblaggio.
Durante la fase di progettazione dei prodotti, un idoneo dispositivo di smontaggio attivo deve essere selezionato attentamente in base alle condizioni ambientali circostanti. L’attivazione accidentale del meccanismo di disassemblaggio durante il funzionamento normale deve essere infatti evitata per prevenire una diminuzione dell’affidabilità del prodotto. Nel caso dell’utilizzo di un singolo campo di attivazione, l’attivazione dovrebbe avvenire utilizzando una temperatura superiore alla temperatura normale o una pressione avente un valore di attivazione superiore a quello normale del 100%. Tuttavia, nel caso dell’uso combinato di questi due campi di attivazione, il processo di smontaggio non verrà attivato se solo uno dei campi fisici raggiunge il suo valore di attivazione ma solo se entrambi raggiungono contemporaneamente i loro valori di attivazione.
Nonostante si possa pensare che l’introduzione di meccanismi di disassemblaggio attivo mettano in crisi la sostenibilità economica delle soluzioni progettate, è stato dimostrato che esso può diminuire anche 30% i costi rispetto allo smontaggio manuale. Casi di studio sono stati sviluppati nell’ambito dei terminali di pagamento (POS) [3] e nei televisori a schermo piatto come LCD e pannelli a plasma [4]. Ovviamente, i benefici economici ed ambientali derivanti dall’utilizzo di tecniche di disassemblaggio attivo dipendono fortemente dal prodotto, dai materiali utilizzati, dalla sua struttura del prodotto e dalla durata stimata della sua vita.
Prospettive future
Il Design for Disassembly rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui i prodotti vengono concepiti, prodotti e trattati al termine del loro ciclo di vita. Abbracciare questo approccio non solo contribuisce alla conservazione dell’ambiente, ma ha anche il potenziale per ridisegnare le industrie, favorire l’innovazione e creare nuove opportunità economiche. Mentre il mondo avanza verso un futuro più sostenibile, il Design for Disassembly si configura come una strategia fondamentale nel promuovere i principi dell’economia circolare, mitigare l’esaurimento delle risorse e ridurre il degrado ambientale. La sua implementazione dipende da sforzi collaborativi, pensiero innovativo nel design e un impegno collettivo per la creazione di prodotti che si allineino ai principi della sostenibilità e del consumo responsabile.
Le possibili sfide
Nonostante i numerosi vantaggi, l’implementazione del design for disassembly si confronta con diverse sfide. Un ostacolo principale è la resistenza al cambiamento all’interno delle pratiche di progettazione tradizionali, dove l’accento è stato posto sulla funzionalità e sull’estetica piuttosto che sullo smontaggio e sulle considerazioni a fine ciclo di vita. La complessità sta nel bilanciare vari aspetti del design, come l’integrità strutturale, le prestazioni e i requisiti di smontaggio, senza compromettere la qualità o l’usabilità del prodotto. Inoltre, possono sorgere sfide logistiche nell’istituire sistemi efficienti di logistica inversa per la raccolta, lo smontaggio e il trattamento dei prodotti a fine ciclo di vita, richiedendo la collaborazione tra gli attori lungo la catena di approvvigionamento.
L’istruzione e la consapevolezza giocano un ruolo cruciale nel superare queste sfide. Educare progettisti, produttori, consumatori e decisori politici sui benefici e sulle tecniche del design for disassembly può stimolare un’adozione diffusa e facilitare il necessario cambiamento di mentalità verso pratiche di progettazione sostenibile.
Fonti:
[1] https://www.bmw.com/en/magazine/sustainability/circular-lab/recycle/design-for-recycling.html
[2] H. Abuzied, H. Senbel, Mohamed Awad. Ayman Abbas, A review of advances in design for disassembly with active disassembly applications, Engineering Science and Technology, 23(3), 2020.
[3] J.R. Peeters, P. Vanegas, W. Dewulf, J.R. Duflou, Economic and environmental evaluation of fasteners for active disassembly: a case study for payment terminals, Procedia CIRP., 29, 2015.
[4] W.D. Jef, R. Peeters, Paul Vanegas, Joost R. Duflou, Active disassembly for the end-of-life treatment of flat screen televisions: challenges and opportunities, Springer, 2012.