Compositi e industria nautica: un binomio di successo

Dal 1970, la costruzione delle imbarcazioni da diporto ha visto il crescente impiego di materiali plastici rinforzati, a scapito di metalli e legno, sempre più relegati ad una produzione di nicchia (nel caso del legno). L’utilizzo dei compositi polimerici è divenuto sempre maggiore, grazie ad una serie di vantaggi tecnico-economici fra cui l’elevata resistenza specifica, ovvero la capacità di presentare buone caratteristiche meccaniche mantenendo un peso del manufatto ridotto.

di Simonetta Pegorari

I compositi FRP (Fiber-Reinforced Plastic), sono materiali di grande interesse per l’industria nautica e navale, grazie alle doti di leggerezza, resistenza meccanica e resistenza alla corrosione. Tuttavia, presentano alcuni svantaggi legati all’impatto ambientale, in quanto (ancora) non soddisfano i requisiti  relativi al riuso e riciclaggio. Inoltre, la maggior parte dei polimeri e dei rinforzi utilizzati nella loro produzione provengono da fonti non rinnovabili o richiedono un dispendio energetico molto significativo. Il FRP è costituito da fibre tagliate o tessute e da una matrice di resine termoindurenti, solitamente poliestere, vinilestere, epossidiche.

Le tecnologie utilizzate dai cantieri nautici per la produzione in FRP si possono suddividere in due macro settori: a stampo aperto e a stampo chiuso. Nel primo troviamo hand lay up mentre infusione, Rtm, Vartm, appartengono alla seconda categoria.

L’infusione è un processo di stampaggio per semilavorati in PRFV, mediante il quale l’impregnazione del rinforzo fibroso avviene a stampo chiusoattraverso la differenza di pressione che si viene a creare fra il laminato e il contenitore della resina.

Le materie prime sono: le matrici, i rinforzi, i materiali d’anima e ovviamente le resine poliestere (orto ftaliche, isoftaliche, vinilestere) e le resine poliestere a basso contenuto o a bassa emissione di stirene. In alternativa al poliestere si utilizzano le resine epossidiche.Sono polimeri termoindurenti.

Cresce continuamente l’impegno, in tutti i settori della nautica, verso soluzioni sempre più ecocompatibili nel rispetto dell’ambiente marino. Le aree di ricerca per una barca ecologicamente compatibile sono molte, sia per l’ottimizzazione dei processi tecnologici e dei materiali sia dal punto di vista della propulsione con la messa a punto di sistemi propulsivi elettrici e diesel-elettrici con caratteristiche di silenziosità e di bassa emissione, che permettono di navigare in zone protette o di rispettare la tranquillità in zone di ormeggio, in porto e in rada.

Tuttavia, l’adozione del FRP nel diporto nautico, ha creato, specialmente in riferimento all’impatto ambientale che le lavorazioni in oggetto determinano, dei notevoli problemi.

Sono anni che si è posto il problema del riciclo della vetroresina e in generale dei materiali compositi, anche se un notevole sforzo è stato fatto a livello internazionale per trovare soluzioni economicamente sostenibili, allo stato dell’arte ci sono diverse tecniche di riciclo ma nessuna davvero soddisfacente.

E’ importante sottolineare che la frontiera della sostenibilità ecologica non è più vista solo dal punto di vista dell’impiego di materie prime che siano degradabili o facilmente smaltibili a fine vita, ma anche implementando sistemi efficienti ed a basso impatto energetico. Occorre ricordare che la riciclabilità è un concetto importante dell’eco-compatibilità e che permette di utilizzare materiali di per sé non eco, ma facilmente separabili tra loro

A questo scopo, a livello internazionale sono state una serie di disposizioni legislative sempre più stringenti, volte a regolamentare e controllare le attività industriali coinvolte nel processo di immissione in ambiente di composti aeriformi nocivi.

Materiali sostenibili

Nel mondo della nautica e della costruzione navale si stanno esplorando materiali e processi più sostenibili e soluzioni di fine vita (EOL) per le imbarcazioni.

Un esempio è il maggiore utilizzo di materiali a base biologica, come la resina epossidica per infusione a base biologica GreenPoxy® 33 di Sicomin scelta da SPLEENE Kiteboarding per le nuove tavole Eco Line RIP 39. Dopo 2 anni di ricerca, sono stati rivisti tutti gli aspetti della costruzione della tavola: fibra di lino multiassiale per il rinforzo, un’anima in legno fresato a CNC e le sezioni in bambù, sono stati stampati in pressa a caldo e grazie alla resina bio GreenPoxy 33 è stato prodotto il kiteboard più sostenibile al mondo.

Sostituito alle resine tradizionali, GreenPoxy 33 consente ai produttori di adottare rapidamente processi più ecologici, consentendo prestazioni ecocompatibili senza compromessi sulla qualità.

Un’altra innovazione relativa ai materiali incentrata sulla sostenibilità sono i materiali compositi self-healing (auto-riparanti). Le strutture composite costruite utilizzando i preimpregnati HealTech™ di CompPair Technologies (Renens, Svizzera) hanno la capacità di auto ripararsi, ovvero le parti in composito che hanno subito danni alla matrice possono essere riparate in sede in un paio di minuti grazie alla tecnologia di CompPair che si basa su materiali preimpregnati “intelligenti” progettati con una resina brevettata che consente, riscaldando a 100-150°C l’area danneggiata, la riparazione di crepe e delaminazione di una parte in composito in pochi minuti.

Oltre a materiali di produzione più sostenibili, si sta lavorando anche per fornire soluzioni di riciclaggio per i componenti marini al termine del loro ciclo di vita e per rendere questi componenti più riciclabili. Il riciclaggio dei compositi è un’operazione complessa, che generalmente comporta la rottura meccanica di un’intera parte (tramite fresatura, triturazione o altro processo) per il riutilizzo, o qualche tipo di metodo chimico o termico per separare la resina originale e i materiali in fibra da riciclare. Per facilitare e supportare il riciclaggio, si stanno anche iniziando a sviluppare e adottare nuove resine che possano essere più facilmente separate dalle fibre alla fine della vita di una parte. Molto utilizzata è la resina termoplastica liquida Elium di Arkema (Francia).

E’ importante sottolineare che la frontiera della sostenibilità ecologica non è più vista solo dal punto di vista dell’impiego di materie prime che siano degradabili o facilmente smaltibili a fine vita, ma anche implementando sistemi efficienti ed a basso impatto energetico. Occorre ricordare che la riciclabilità è un concetto importante dell’eco-compatibilità e che permette di utilizzare materiali di per sé non eco, ma facilmente separabili tra loro. A questo scopo, a livello internazionale sono state una serie di disposizioni legislative sempre più stringenti, volte a regolamentare e controllare le attività industriali coinvolte nel processo di immissione in ambiente di composti aeriformi nocivi.

Energia pulita

Per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni in tutto il mondo, i governi e le industrie sono alla ricerca di soluzioni più rinnovabili e pulite. Nel settore nautico, le barche elettriche sono già popolari come alternativa ai combustibili tradizionali, ma stanno emergendo anche celle a combustibile a idrogeno e altre soluzioni energetiche più pulite.

Riciclare i compositi per nautica

Sono anni che si è posto il problema molto complesso del riciclaggio della vetroresina e in generale dei materiali compositi e anche se un notevole sforzo è già stato fatto a livello internazionale per trovare soluzioni economicamente sostenibili, allo stato dell’arte ci sono diverse tecniche di riciclo ma nessuna davvero soddisfacente.

Specificatamente, nel settore navale, per motivi di costo, le operazioni di smantellamento delle navi a fine vita sono eseguite in modi molto discutibili e non regolati, in paesi dove il costo della mano d’opera è bassissimo e i controlli quasi inesistenti. a basso o bassissimo costo.

Resta ancora molto da fare e da validare in tema di impianti di trattamento per il recupero/riciclo di GFRP al fine di ottenere processi tecnologicamente fattibili ed economicamente profittevoli a livello industriale. Inoltre, l’attuazione di un qualsiasi processo di recupero/riciclo del GFRP non può prescindere dall’effettuazione, a monte, di attività di demolizione, smantellamento e disassemblaggio dei prodotti a fine vita contenenti FRP.

Queste fasi non sono meno delicate, né meno incisive economicamente, sulla fattibilità dell’intero processo circolare, di quanto non lo siano le precedentemente descritte fasi di trattamento volte al recupero/riciclo delle FRP In particolare, i compositi FRP sono prevalentemente utilizzati in manufatti complessi e di grandi dimensioni, basti pensare al suo impiego nel settore nautico, per la realizzazione di imbarcazioni e yacht. L’economicità del riciclo passa dunque anche attraverso un ripensamento del processo di design, finalizzato al design di nuovi prodotti, che tengano conto del loro disassemblaggio a fine vita, ed una riorganizzazione delle operazioni di demolizione, che sfruttino la robotizzazione per ridurre gli interventi di personale non qualificato in lavorazioni, quali il taglio dello scafo, sia impegnative in termini di risorse umane, che rischiose per gli addetti sotto il profilo della sicurezza.

L’industria nautica, con particolare riferimento al diporto, per molti anni ha utilizzato in maniera diciamo “naif” questa categoria di materiali, senza rincorrere troppo la ricerca di un laminato ottimizzato e – soprattutto – realizzato con tecnologie di produzione che non fossero esclusivamente la laminazione manuale o lo spray-up, è anche vero che è proprio in questo settore che nell’ultimo ventennio si è registrato uno dei maggiori passi avanti verso un miglioramento tecnico e produttivo del manufatto.

Si pensi che sino alla metà degli anni ’90, il processo dell’infusione sotto vuoto era ancora lontanissimo dal rappresentare quello che oggi è per un buon numero di cantieri nautici.

Di fatto, oggigiorno anche i cantieri che non realizzano carene hi-tech, sono informati sulle più moderne tecniche di stampaggio. Moltissimi, infatti, sono i vantaggi che derivano da tali processi. Per citarne solo uno, si pensi all’abbattimento drastico delle porosità e delle inclusioni gassose presenti in laminati ottenuti per hand-lay up o per spray up con il conseguente aumento del coefficiente di impregnazione e relative resistenze specifiche. Grazie alle tecnologie sottovuoto, si è potuta finalmente superare una delle grandi limitazioni legate alla produzione previa stampo aperto dei materiali compositi. Laminazione manuale e spray-up, infatti, provocano nell’ambiente la liberazione di notevoli quantità di elementi volatili organici nocivi. Con l’ausilio di RTM ed infusione, si è potuto abbattere del 90% questa problematica. La ricerca continua a studiare possibili composti di origine completamente naturale, ma che siano comunque conformi alle caratteristiche meccaniche richieste.

Biocompositi e il loro utilizzo nella costruzione nautica

Con l’aumentare dei problemi legati all’inquinamento e la ricerca di nuove fonti di energia rinnovabile, è sempre maggiore l’interesse nei prodotti naturali che non danneggiano l’ambiente. Nel campo specifico dei compositi, la ricerca si sta concentrando soprattutto sui biocompositi che utilizzano fibre e resine di origine naturale.

Sono chiamati biocompositi quei tipi di FRP materiali fibrorinforzati, che derivano completamente o parzialmente dalle piante. l’interesse per questi prodotti è sempre cresciuto e in qualche casi si è arrivati all’utilizzo industriale di biocompositi. Le fibre naturali corte e la polvere di legno sono usate come filler nella costruzione nautica (coperte in materiale termoplastico). Le fibre vegetali lunghe che si ottengono da lino, canapa, bambù, iuta, sono utilizzate come rinforzo strutturale per sostituire la fibra di vetro.

Per produrre bio-fibre è necessaria una agricoltura “di ricerca” che vede l’applicazione di tecniche particolari di coltivazione che includono speciali tipi di fertilizzanti e di antiparassitari e naturalmente una tecnologia di preparazione particolarmente avanzata. Infatti, dopo la raccolta, la pectina che tiene insieme le fibre deve essere eliminata e successivamente le fibre selezionate per lo specifico utilizzo. Solo le fibre lunghe possono essere impiegate nella produzione di tessuti tecnici, le loro proprietà sono ottimizzate da successivi trattamenti come bollitura, candeggiatura e altri trattamenti.

Queste fibre, sono innocue per l’uomo se inalate, non sono abrasive e naturalmente sono biodegradabili. C’è purtroppo un aspetto negativo: le fibre sono idrofile quindi devono essere correttamente protette altrimenti assorbono l’umidità con le conseguenze negative facilmente immaginabili.

E le resine?

E’ evidente che, perché un composito sia veramente biodegradabile, è necessario che anche la resina e non solo il materiale di rinforzo lo sia. Sono in produzione resine furaniche che derivano dalla biomassa di scarto prodotta dagli zuccherifici. La resina così prodotta, rinforzata con fibre naturali permette di ottenere un composito totalmente derivato dalla natura. Queste resine termoindurenti possono essere rinforzate anche con i rinforzi tradizionali come vetro o carbonio e usate per tutte le tecniche costruttive. Si stanno attualmente utilizzando i compositi totalmente biodegradabili nella produzione di parti non strutturali sia per l’industria automobilistica sia per l’industria nautica. Fra i loro vantaggi ricordiamo l’assenza di VOC (prodotti volatili organici), ridotto uso di petrolio e naturalmente la totale rinnovabilità delle sorgenti. Le proprietà fisiche di questi compositi sono praticamente le stesse di quelli tradizionali compresa una notevole resistenza alla corrosione.

Possibilità di impiego

Le proprietà meccaniche dei biocompositi sono paragonabili a quelle dei compositi rinforzati con fibra di vetro. I problemi maggiore da risolvere sono l’idrofilia di questi materiali, che ne limita molto l’utilizzo, e la quantità di fibre prodotta. Per contro,  le attuali direttive europee sullo smaltimento dei materiali inquinanti rendono questo settore molto interessante e sicuramente meritevole di ulteriori ricerche.

Tendenze: CFRP, barche foiling, stampa 3D

Nel complesso, l’uso di polimeri rinforzati con fibra di carbonio (CFRP) continua ad aumentare nel settore nautico, spinto dalle richieste dei proprietari di imbarcazioni e degli operatori per velocità e prestazioni più elevate, cercando al tempo stesso di ridurre il consumo di carburante e l’impatto ambientale. Sulla scia delle barche di Coppa America, l’uso dei foil si sta diffondendo sempre più nel settore diporto, a motore e a vela. I foil sollevano lo scafo fuori dall’acqua facendolo “volare”. Simili ai profili alari di un aereo i foil generano portanza in modo che quando la barca guadagna velocità (nella maggior parte delle applicazioni, 15-18 nodi) il suo scafo si solleva dall’acqua. Le lamine vengono generalmente retratte a velocità inferiori e sono azionate dall’elettronica.

Anche la produzione additiva (AM) sia per gli utensili che per i componenti effettivi delle imbarcazioni di uso finale è un’area che ha visto molto sviluppo negli ultimi anni. Nel settembre 2021, Caracol (Lomazzo, Italia), specialista della produzione additiva (AM) su larga scala, ha presentato Beluga, un prototipo di barca a vela stampato in 3D prodotto in un unico pezzo utilizzando polipropilene riciclato (PP) e il 30% di fibra di vetro corta. Beluga è il prodotto di un progetto di ricerca congiunto tra Caracol e NextChem (Roma, Italia), una società di energia verde che produce materiali plastici riciclati MyReplast.

Compositi e costruzione navale

L’adozione dei compositi nelle grandi navi è stata più lenta, ma è altrettanto degna di nota. Dal 2020, un consorzio europeo, FIBRESHIP, per le applicazioni leggere in mare, ha fatto grandi passi avanti in questo settore con una serie di progetti dimostrativi come ponti in composito, timoni, scafi, cabine modulari e sovrastrutture, riparazioni di toppe su giunti saldati in acciaio e composito-acciaio. Tre tipi di navi (container, RoPax e FRV) sono state progettate con successo in FRP con significative riduzioni di peso. Inoltre, sono stati sviluppati nuovi criteri strutturali e di prestazione antincendio, nonché note guida sul progetto per le navi costruite con materiali FRP.

L’obiettivo principale del progetto FIBRESHIP è creare un nuovo mercato europeo per costruire navi complete di grande lunghezza in FRP che ne consentano l’applicazione su vasta scala. Per raggiungere questo obiettivo, il progetto svilupperà, identificherà e qualificherà i materiali FRP per diverse applicazioni, in particolare per la resistenza strutturale a lungo termine e la resistenza al fuoco. Oltre a ciò, la sua massiccia applicazione richiede anche l’elaborazione di procedure di progettazione innovative e linee guida supportate da nuovi strumenti di analisi software validati. Metodologie di produzione efficienti standardizzate verranno implementate e dimostrate.

La valutazione delle prestazioni del ciclo di vita delle soluzioni FIBRESHIP insieme allo sviluppo di metodologie di ispezione non distruttiva per i pannelli FRP

L’uso di materiali FRP nelle navi di grande lunghezza implicherà una significativa riduzione del peso (circa il 30%) e un impatto rilevante sul risparmio di carburante, sulla stabilità della nave, sull’impatto ambientale (riduzione delle emissioni di gas serra e del rumore sottomarino) e sull’aumento della capacità di carico. D’altro canto, i materiali FRP sono immuni alla corrosione e hanno prestazioni migliori sotto carichi di fatica, il che significa migliori prestazioni di durata e costi di manutenzione ridotti.

L’impatto a medio termine è stimato in circa il 5% del mercato totale della costruzione navale in Europa (fatturato di circa 2,0 miliardi di euro) e si prevede un impatto a lungo termine fino a 54.000 nuovi posti di lavoro diretti. Inoltre, si stima che le compagnie di navigazione europee potrebbero detrarre fino a 1 miliardo di euro all’anno con l’adozione della proposta tecnologia di costruzione navale FRP.