Il metodo degli elementi finiti per migliorare la progettazione delle bielle

biellaLa biella è uno degli organi meccanici più comunemente utilizzati nei sistemi meccanici. Serve a trasformare il moto rotatorio in moto rettilineo alternativo (o viceversa) ed è, quindi, utilizzato nei manovellismi, come, ad esempio, nei motori e nelle pompe alternative. Molte sono le problematiche legate alla progettazione e la costruzione delle bielle, la cui soluzione richiede conoscenze approfondite nel campo dei materiali, dei trattamenti superficiali, della dinamica delle macchine, dell’analisi dello stato di sforzo e della progettazione a fatica. Se si pensa all’impiego del metodo degli elementi finiti come strumento per migliorare la progettazione delle bielle non si può prescindere dal considerare tutti questi aspetti per impostare l’analisi tenendo conto della sua finalità. Ma partiamo con ordine, e vediamo dapprima le maggiori peculiarità progettuali e costruttive di questi organi delle macchine.

 

Richiami comportamentali e costruttivi

Come noto, la biella è un organo di macchina che collega la manovella ai pistoni, muovendosi in moto piano e trasformando il moto alterno dei pistoni in moto rotatorio (o viceversa). Tale funzione conferisce alla biella la particolare geometria, illustrata in Figura 1, che la caratterizza e che prevede due sedi per l’accoppiamento con l’albero a gomiti, attraverso bronzine o cuscinetti volventi, e con i pistoni, attraverso bronzine e spinotti. I vincoli che legano la biella a tali organi sono schematizzabili come cerniere: la biella è, quindi, sollecitata da sola azione assiale dai carichi esterni. Tuttavia, le forze di volume, particolarmente importanti per bielle utilizzate in sistemi con elevate regimi di rotazione, fanno in modo che la biella sia sollecitata anche da azioni flessionali. Senza entrare nei dettagli della cinematica e nella dinamica della biella, infatti, è possibile con semplici calcoli evidenziare come le accelerazioni prevedano una componente assiale e una trasversale; quest’ultima, appunto, responsabile delle forze d’inerzia che origine al carico distribuito che provoca l’insorgere della flessione. Per quanto riguarda i carichi esterni, come già menzionato, danno origine ad azioni assiali che, durante il ciclo di rotazione della manovella, assumono valori di trazione e di compressione. Riassumendo, quindi, due sono gli aspetti da considerare nello sviluppo del progetto di una biella: da un lato la variabilità dei carichi applicati e la presenza di azioni assiali e flessionali variabili nel tempo, il che implica l’esigenza di considerare la verifica a fatica della biella. Dall’altro la possibilità di carichi di compressione elevati che, assieme al contributo della flessione, possono dar luogo a fenomeni di instabilità. Vi è un altro aspetto legato alla geometria della biella che deve essere considerato. Infatti, il suo sviluppo geometrico fa si che non si possa soddisfare i requisiti per l’applicazione delle formule teoriche per il calcolo degli sforzi, rendendo necessario, per la verifica a fatica, ricorrere ad analisi capaci di quantificare l’effetto di sovrasollecitazione indotto dai dettagli geometrici (in particolare in corrispondenza delle zone di accoppiamento con i perni).

Mappa degli sforzi di una biella.
Mappa degli sforzi di una biella.

L’analisi a elementi finiti

Quanto sopra riportato, pur senza aver alcuna pretesa di essere esaustivo e di tracciare un quadro completo degli aspetti coinvolti nel progetto delle bielle, permette di apprezzare la complessità progettuale di questo elemento meccanico e, con essa, anche quanto le analisi a elementi finiti possono contribuire a migliorare il risultato finale. Tuttavia, è evidente che il successo di un’analisi di questo tipo richiede una corretta impostazione, la quale dipende dalle finalità dell’analisi stessa. In altre parole, un’analisi a elementi finiti di una biella avrà un’impostazione differente a seconda che la si voglia utilizzare per calcolare il carico critico, valore che determina le condizioni di instabilità oppure per la determinazione dello stato di sforzo per poi eseguire la verifica a fatica, il che richiede la determinazione degli sforzi locali nei punti critici del pezzo.

Calcolo dei carichi esterni

Una fase preliminare da eseguire a monte di entrambe le analisi prima descritte è quella che riguarda la determinazione dei carichi esterni, il che vuol dire delle forze che vengono trasmesse alla biella dagli organi con i quali è collegata. Tali analisi possono essere eseguite sia facendo riferimento al modello di calcolo teorico della Meccanica Applicata alle Macchine sia utilizzando strumenti di simulazione “multi-body”, che consentono il calcolo dell’andamento dinamico dei carichi anche per sistemi complessi, per i quali l’approccio teorico sarebbe di difficile applicazione, oppure costringerebbe ad approssimazioni.

La verifica a fatica

Una volte noti i carichi applicati è possibile sviluppare le analisi FEM per la verifica a fatica. In genere il modello FEM viene sviluppato a partire da un modello solido. La necessità di determinare gli sforzi locali nei punti critici, richiede lo sviluppo di modelli con elementi solidi, preferibilmente esaedri. Se, a causa di geometrie particolari o perché si intende sviluppare una più veloce mesh “free”, può essere necessario utilizzare elementi tetraedrici: in questi casi è bene utilizzare i tetraedri a 10 nodi (funzioni di forma del secondo ordine), che consentono un calcolo più preciso degli sforzi locali, che sarebbero sottostimati eccessivamente con gli elementi a 4 nodi e funzioni di forma lineari, pregiudicando la correttezza della verifica a fatica. A tal proposito, è bene sottolineare che, quando si utilizzano elementi solidi, l’accuratezza dei risultati dipende fortemente dalla dimensione degli elementi finiti utilizzati, in particolare nei punti critici. E’, quindi, bene eseguire un’analisi di convergenza dei risultati prima di procedere con la verifica a fatica. Le analisi eseguite devono essere ripetute per tutto il ciclo di lavoro della biella, in modo da ricostruire, dapprima attraverso mappe tipo quelle di Figura 2 e, poi, elaborando i dati numerici, il ciclo di fatica e identificare il ciclo di fatica (sforzo massimo, sforzo minimo e sforzo medio) nei punti critici e valutare la loro pericolosità.

La verifica d’instabilità

In questo caso i dettagli geometrici della biella assumono minore importanza, in quanto l’insorgere delle condizioni di instabilità non dipendono dallo stato di sforzo locale ma dalla complessiva rigidezza dell’elemento. L’analisi di buckling da eseguire prevede la definizione dei carichi di progetto e di quella che viene chiamata perturbazione numerica dei carichi, che porterà alle condizioni di buckling. Il calcolo eseguito prevede la soluzione di un sistema lineare con il calcolo degli autovalori dello stesso e permette, quindi, la determinazione del moltiplicatore dei carichi perturbativi che danno luogo all’instabilità. Ciò permette di conoscere quanto siamo lontano dalle condizioni critiche. Un calcolo d’instabilità non lineare, pur a fronte di una maggiore complessità, permette di tenere in considerazione di tolleranze e imperfezioni, che giocano un ruolo importante nell’insorgere di tali problematiche.