Validazione del modello e accuratezza dei risultati

L’ultima parte di un’analisi a elementi finiti è la cosiddetta analisi dei risultati. L’analista, in altre parole deve essere in grado di esprimere un giudizio critico sul modello elaborato e sui risultati ottenuti per ritenerli soddisfacenti, oppure per capire cosa modificare per migliorare quanto fatto. L’analisi critica dei risultati può essere distinta in due fasi, la validazione del modello e la valutazione dell’accuratezza dei risultati, che molti confondono tra di loro. Vediamo in che cosa consistono queste due fasi e come affrontarle correttamente
Figura 1 – Una volta terminata la simulazione, è necessario, sulla base dell’analisi dei risultati ottenuti, validare il modello e esprimere un giudizio sull’accuratezza di quanto ottenuto.
Figura 1 – Una volta terminata la simulazione, è necessario, sulla base dell’analisi dei risultati ottenuti, validare il modello e esprimere un giudizio sull’accuratezza di quanto ottenuto.
Figura 1 – Una volta terminata la simulazione, è necessario, sulla base dell’analisi dei risultati ottenuti, validare il modello e esprimere un giudizio sull’accuratezza di quanto ottenuto. 

Del resto, si sa, il metodo degli elementi finiti è, per sua natura, approssimato, e l’accuratezza dei risultati dipende in gran misura dal modello realizzato e dalle ipotesi su cui esso si basa.

La fase di valutazione dei risultati è divenuta oggi ancora più importante in quanto, con l’avvento e la diffusione dei moderni pre-processor e dei potenti codici di calcolo commerciali, è possibile, senza tanta preparazione specifica, risolvere problemi complicati e con una formulazione matematica complessa: l’evidente rovescio della medaglia dell’utilizzo di questi strumenti di calcolo è che è facile incorrere in errori di impostazione del modello o in modelli, sia pur corretti concettualmente, non abbastanza accurati per centrare l’obiettivo dell’analisi.

Meglio, quindi, non lesinare tempo per esprimere un giudizio critico dei risultati.

Facendo riferimento alle possibili cause d’errore di un calcolo a elementi finiti, è possibile suddividere la valutazione critica in due momenti ben precisi, che talvolta vengono confusi, ma che sono, a livello concettuale e cronologico, tra loro ben distinti e che, anche dal punto di vista operativo, richiedono lo sviluppo di differenti operazioni; si sta parlando della la validazione del modello e della valutazione dell’accuratezza dei risultati.

Validazione del modello

E’ la prima parte dell’analisi critica dei risultati ed è finalizzata a verificare se il modello analizzato corrisponde concettualmente, a quello che era nelle nostre intenzioni. Si tratta di dare, cioè, una risposta a domande del tipo: i vincoli sono stati impostati correttamente? Le forze assegnate corrispondono al caso reale? E’ sufficiente un’analisi lineare per descrivere correttamente il problema?

Una preliminare risposta ai quesiti ora posti può venire già dai messaggi di errore o di “warning”, che il software genera durante o alla fine dell’analisi. Se, infatti, si ha un malcondizionamento della matrice di rigidezza o qualche zero-pivot della stessa, una possibile causa è un vincolo mal assegnato o elementi con rigidezza molto diversa tra loro, tali da rendere il calcolo difficoltoso  o inaccurato.

Figura 2 – L’analisi della deformata fornisci utili indicazioni per validare un modello: nel caso illustrato, relativo a una barra sollecitata a trazione, evidenzia una non corretta applicazione die carichi applicati.
Figura 2 – L’analisi della deformata fornisci utili indicazioni per validare un modello: nel caso illustrato, relativo a una barra sollecitata a trazione, evidenzia una non corretta applicazione die carichi applicati.

Un grosso contributo a trovare un’adeguata risposta a tali domande è, poi, fornito dall’analisi della configurazione deformata della struttura; infatti, mostrando con un adeguato coefficiente d’amplificazione come si atteggia la struttura per effetto dei carichi e dei vincoli imposti, si ha una chiara idea del modello realmente analizzato e della sua rispondenza al caso in esame (Figura 2). Il presupposto a un simile modo di procedere è che l’analista abbia un’idea, anche solo qualitativa, di come la struttura lavora e di come i carichi si distribuiscono al suo interno.

Un altro passo, questa volta più quantitativo, è la verifica delle reazioni vincolari: se eguagliano nelle tre direzioni il sistema complessivo dei carichi applicati ( a parte il segno, ovviamente), sono stati applicati correttamente, altrimenti qualche dato è stato mal inserito con conseguente errata interpretazione dal parte del computer e dal software.

Infine, un giudizio relativo alla validità di un’analisi lineare, può essere espresso, oltre che tenendo presente l’obiettivo della simulazione, sulla base di diverse considerazioni, a seconda del caso e della possibile non linearità che viene considerata. Ad esempio, se ci si riferisce al modello del materiale, può bastare uno sguardo alla mappa degli sforzi di von Mises per capire se una legge lineare tra sforzi e deformazioni è sufficiente o se è meglio adottare una legge sostituta che tenga in considerazione eventuali deformazioni plastiche. Se gli sforzi superano solo localmente e in qualche punto il limite di snervamento, infatti, un’analisi lineare è, in molti casi, sufficiente. Se, invece, la plasticizzazione è estesa, l’assunzione di un legame costitutivo del materiale elastico, può portare a sovrastimare la rigidezza complessiva della struttura, con conseguenti errate e pericolose conclusioni sul comportamento globale della stessa. Considerazioni analoghe possono essere fatte anche a proposito delle non linearità geometriche, alle analisi d’instabilità e quelle dinamiche.

Accuratezza dei risultati

Una volta terminata con successo la fase di validazione del modello si può passare alla seconda parte dell’analisi critica dei risultati, la valutazione della loro accuratezza.

Infatti, anche se il modello è stato correttamente impostato, i risultati che si ottengono dipendono dalle scelte di modellazione e la loro accettabilità dipende, in primo luogo dagli obiettivi della simulazione. Se, ad esempio, il fine dell’analisi è la conoscenza del comportamento dinamico di una struttura, eventuali distorsioni degli elementi, con conseguenti errori nel calcolo degli sforzi, potranno essere tollerati, se invece il fine dell’analisi è la verifica a fatica, dovremo porre la massima attenzione ai messaggi relativi alla distorsione degli elementi e alla loro localizzazione nel modello.

Figura 3 – Plottare le mappe di sforzo mediandole ai nodi impedisce di evidenziare eventuali discontinuità del campo di sforzi, che vengono invece colte mediandoli ai nodi  (b). Ciò rende evidente una carente fittezza della mesh.
Figura 3 – Plottare le mappe di sforzo mediandole ai nodi impedisce di evidenziare eventuali discontinuità del campo di sforzi, che vengono invece colte mediandoli ai nodi (b). Ciò rende evidente una carente fittezza della mesh.

Focalizzandoci su questa situazione, oltre al problema della distorsione, la valutazione della correttezza degli sforzi dipende anche dalla fittezza della mesh. Esistono diversi modi per valutare se il modello va affinato oppure no. Uno, molto pratico e qualitativo ma efficace, è la la valutazione degli sforzi perpendicolari (radiali, nel caso di un raggio di raccordo) a una superficie libera (dove, in genere, si localizzano gli sforzi più elevati), dove, per soddisfare l’equilibrio locale, devono essere nulli. Ebbene, poiché nel caso degli elementi isoparametrici gli sforzi sono calcolati ai punti di Gauss (interni all’elemento) e poi estrapolati ai nodi, il loro valore sarà prossimo a zero se la mesh è sufficientemente fitta, altrimenti tenderanno ad allontanarsi dal valor nullo. E’ comune ritenere accettabili sforzi radiali dell’ordine di circa 1/100 rispetto alle altre componenti di sforzo o infittire la mesh, se tale requisito non è rispettato e se la discrepanza appare in zone potenzialmente critiche.

Un altro approccio per valutare l’adeguatezza della mesh è plottare le mappe di sforzo ai punti di Gauss oppure “non mediati ai nodi”, in modo da evidenziare eventuali brusche discontinuità nel flusso degli sforzi tra elementi adiacenti, conseguenza di una mesh troppo rada per descrivere correttamente il problema in esame (Figura 3).

A questo punto si può passare a una valutazione più quantitativa, con un’analisi della convergenza dei risultati; ma, tale argomento merita un approfondimento maggiore e sarà oggetto di uno dei prossimi contributi.