Il futuro è nella plastica?

Editoriale a cura di Mario Guagliano

Mi è capitato di rivedere, qualche giorno fa, “Il Laureato”, famoso film della fine degli anni ’60, con una grande interpretazione di Dustin Hoffman, attore protagonista, e una ancora più bella colonna sonora di Paul Simon e Art Garfunkel. Anche se, forse, del film si ricordano di più l’affascinante Mrs. Robinson e le sue gesta.

Questa volta mi ha colpito un’altra scena, se si vuole un po’ più tecnica: durante la festa di laurea di Ben (Dustin Hoffman) il marito della signora Robinson si avvicina all’annoiato Ben (timoroso dell’avvicinamento pensando che il motivo fosse un altro…..) e lo avvisa: “Ben, il futuro è nella plastica! Dedicati alla plastica!”. Ebbene, dopo tanti anni possiamo dire che tale frase è stata davvero profetica e ancora oggi i materiali plastici costituiscono un elemento fondamentale per la costruzione di prodotti più leggeri, più forti, facili da processare e disponibili in forme e geometrie complesse.

Nel corso degli anni i materiali plastici sono cambiati, assumendo un’importanza sempre maggiore: dall’impiego per giocattoli e beni di grande consumo i materiali polimerici sono stati impiegati per applicazioni in settori a più alto contenuto tecnologico, da quello automobilistico all’aeronautica, grazie soprattutto allo sviluppo dei materiali compositi, con fibra di vetro o di carbonio, che hanno consentito di raggiungere rigidezza e resistenza che li rendono idonei ad applicazioni importanti.

E, del resto, sappiamo che gli aerei di ultima generazione, dal Dremliner al A380, utilizzano sempre più i compositi per la costruzione delle parti strutturali piuttosto che i materiali metallici. Detto questo, tanti sono i problemi che restano da affrontare e risolvere relativi all’utilizzo delle plastiche. Primo fra tutti quello ambientale e la difficile sfida del recupero, riuso e riciclo dei materiali una volta arrivati alla fine del ciclo di vita del prodotto industriale. Problema ancor più urgente quando si parla dei compositi, per le difficoltà di separare la matrice dai rinforzi. Gli altri problemi sono principalmente legati alla tecnologia utilizzata: lo stampaggio a iniezione richiede alti costi di impianto e alti volumi di produzione, con produttività limitata dall’usura degli stampi stessi.

Viene da chiedersi se il suggerimento dato a Dustin Hoffman sia ancora attuale. Probabilmente si, grazie agli ultimi sviluppi tecnologici. Oggigiorno, infatti, lo sviluppo delle tecnologie 3D printing, più che i miglioramenti continui delle tecnologie tradizionali, sta dando un nuovo impulso alla diffusione e all’impiego della plastica: grazie a tali tecnologie polimeri e compositi ad alte prestazioni non necessitano degli stampi ed è possibile ottenere forme complesse senza bisogno di assemblare più parti, con una ragguardevole riduzione dei tempi di attrezzaggio e di assemblaggio.

Non solo, la tecnologie 3D printing consentono la definizione di materiali cellulari, le cui caratteristiche dipendono, oltre che dal materiale, dalla struttura gerarchica con cui viene depositato, consentendo di ottenere valori dei rapporti rigidezza/peso e resistenza/peso molto favorevoli in confronto a ciò che può essere fatto con e tecnologie tradizionali. E, tra le altre cose, questo uso più razionale del materiale consentirà anche di affrontare in maniera diversa il problema dell’impatto ambientale di questi materiali. Credo di non sbagliarmi nel dire che, in questo settore, siamo ancora agli inizi e il prossimo futuro non potrà che riservare grandi sorprese. Insomma, ancora oggi la plastica è un materiale con un grande futuro davanti a se, soprattutto se abbinata alle nuove tecnologie additive. Chi ha orecchie per intendere intenda!

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