Come evitare la perdita di segreti industriali e informazioni riservate

Quando si decide di non brevettare le tecnologie sviluppate all’interno dell’azienda, può succedere di interrogarsi solo in seconda battuta su quali misure sia il caso di adottare per proteggere la propria tecnologia

 

 

 

 

 

 

A cura di Michela Maggi, avvocato e dottore di ricerca in proprietà industriale, information@maggilegal.it

Vale la pena ricordare, anzitutto, brevemente, che le tecnologie che possono essere conservate e protette in regime di segreto sono solo quelle che rivestano per l’impresa un certo valore economico perché

(i) possono procurare alla stessa un vantaggio competitivo sulle imprese concorrenti,

(ii) sono state conseguite con uno sforzo (attuato nell’ambito della ricerca) da parte dell’impresa stessa, sia in termini di costi che di tempo impiegato, e inoltre

(iii) non sono generalmente note al di fuori dell’impresa.

Per la precisione, la normativa italiana considera proteggibili le informazioni aziendali che presentino, cumulativamente, i seguenti requisiti:
– siano segrete;
– posseggano valore economico in quanto segrete, valore che si traduce nel vantaggio concorrenziale che l’impresa è in grado di ottenere attraverso le tecnologie in questione.
– siano state sottoposte a misure di segretazione da parte delle persone al cui controllo sono soggette.

È dunque necessario che chi detiene ed è titolare di tecnologie segrete verifichi preliminarmente che queste ultime siano in grado di garantire un certo vantaggio competitivo, come sopra spiegato.
E soprattutto che ponga in essere una serie di misure idonee ad evitare la divulgazione e la perdita di informazioni, nonché l’acquisizione illecita da parte di dipendenti e di terzi. Sarà dunque necessario predisporre delle misure tecniche e delle cautele contrattuali adeguate e personalizzate a seconda del tipo di tecnologia che si vuole proteggere sia all’interno dell’impresa, sia nei rapporti di essa con i terzi che possano venire a conoscenza del segreto, in modo da poter anche dimostrare che la tecnologia in questione è stata sottoposta a quanto richiesto ai sensi di legge ovvero “a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerla segreta”. Se ciò non dovesse essere fatto, il titolare della tecnologia si troverebbe in un secondo momento e cedersi negare ogni tutela in relazione alla tecnologia considerata.

Preciso anzitutto che la giurisprudenza che si è occupata dell’argomento ha sottolineato che le misure adeguate cui fa riferimento la normativa rilevante sono costituite da misure tecniche qualificate che devono precludere o rendere difficoltosa l’acquisizione della tecnologia, senza ovviamente elencare in concreto in cosa dovrebbero consistere queste misure.
Quanto alle misure che potrebbero essere adottare all’interno dell’impresa e fra i dipendenti e collaboratori si dovrebbe anzitutto contraddistinguere materialmente come segrete e confidenziali le informazioni che si vogliono mantenere come tali (magari direi, con un timbro apposto sul materiale riservato o cartelli nelle aree di accesso alle tecnologie segrete) ed adottare misure informatiche e di accesso ai locali dove viene sviluppata la tecnologia.

Anche la predisposizione e diffusione di policy, regolamenti o circolari interne all’impresa (magari anche affisse sulle bacheche aziendali) è opportuna in questo senso, così come la diffusione di password di accesso ai documenti riservati ed altre misure informatiche. A quest’ultimo proposito, si sottolinea che la giurisprudenza ha affermato che non è comunque sufficiente di per sé sola la mera adozione di una password di accesso (che fra l’altro proteggerebbe solo i documenti informatici, ma non quelli cartacei), ma è altresì necessario predisporre tutte le misure pensabili e necessarie ad impedire l’accesso abusivo alle tecnologie segrete.
Occorrerà quindi, ad esempio, limitare l’accesso alla tecnologia a soggetti determinati ed introdurre misure tecnico-informatiche per impedire la stampa, il download o la copia dei documenti contenenti la tecnologia. Non si dimentichi infine di far sottoscrivere ai dipendenti e collaboratori accordi di segretezza, perché seppure la legge presupponga in linea di massima che il comportamento del dipendente che diffonde o utilizza in proprio tecnologie segrete o riservate violi obblighi di fedeltà, fino ad integrare fattispecie penali, è comunque sempre opportuno predisporre tutele chiare e conoscibili che fungano anche da deterrente a chi ha cattive intenzioni. Prevedendo anche sanzioni disciplinari e di altra natura. E spessissimo la violazione di segreti industriali si verifica proprio all’interno, a volte addirittura per ignoranza (o pretesa ignoranza) del dipendente e/o dell’impresa detentrice della tecnologia.
Nei rapporti con i terzi, sarà anzitutto opportuno e anzi necessario stipulare appositi accordi di non divulgazione e di segretezza della tecnologia. Ciò vale proprio per ogni tipo di soggetto che possa avere accesso alla tecnologia: fornitori, clienti e persino ospiti o visitatori che vengono introdotti nei locali dell’impresa. Ovviamente ogni impegno dovrà ricadere “a cascata” sui dipendenti e collaboratori di questi terzi o l’accordo con questi ultimi potrebbe rimanere privo di efficacia, prevedendo concretamente che il terzo si obblighi a far rispettare ai terzi questi accordi.
Accordi più stringenti potranno poi intercorrere fra l’impresa detentrice della tecnologia e terzi ai quali sia data in licenza una tecnologia od un know how aziendali che dovranno ovviamente essere accompagnati da una serie di cautele precise ed ulteriori.