Come vengono prodotte (e da chi) le polveri metalliche per la stampa 3D

Stampanti 3D di metalli di Arcam nello stabilimento di Cameri di Avio Aero (GE). GE ha acquisito recentemente Arcam, che è anche uno dei principali produttori di polveri metalliche del mondo.

Che da polveri di metallo possano nascere oggetti definitivi è storia antica. Si chiama metallurgia delle polveri ed è una sequenza che comprende la riduzione del materiale in polvere, il loro condizionamento, la pressatura e formatura, la sinterizzazione ad elevata temperatura. Storia antica perché questa tecnica è stata impiegata a partire 3000 anni fa in India e in Egitto per produrre oggetti di ferro, affinandosi via via finché nella prima metà dell’800 venne estesa a un gran numero di materiali, dal tungsteno (per la produzione delle prime lampade ad incandescenza) al platino. Ed ora le polveri di titanio, acciaio, bronzo e tanti altri materiali sono la base della produzione additiva di metalli portata avanti da produttori di sistemi basati su laser o fasci di elettroni quali Arcam, Renishaw, Eos, Concept Laser, 3D Systems e molti altri. Ma come vengono prodotte queste polveri e da chi?

Un mercato ridotto

Un esempio delle polveri prodotte da Höganäs, produttore svedese di polveri per metallurgia tradizionale che recentemente ha allargato la sua offerta alle polveri per manifattura additiva.

La società di ricerche americana Technavio ha pubblicato recentemente un interessante rapporto sui principali specialisti in polveri metalliche, che sono sia società nate espressamente per produrre materie prime per la stampa 3D sia fornitori di polveri per metallurgia che hanno allargato la loro gamma con formulazioni pensate appositamente per la manifattura additiva. I cinque principali produttori di polveri, secondo Technavio, sono Arcam, EOS, Hoganas, Sandvik e Solvay. Vediamole più in dettaglio. Arcam, recentemente acquisita da GE, è una società svedese fondata nel 1997 per produrre stampanti  3D basate sulla fusione a fascio di elettroni (EBM, Electron Beam Melting). Oltre a vendere stampanti quali ad esempio le Q10Plus e Q20Plus, recentemente introdotte, punta decisamente anche sulla fornitura di polveri anche per terzi, tanto che sta costruendo un nuovo potente impianto a Montreal, in Canada. Anche EOS, fondata nel 1989 in Germania, è una veterana dell’additive manufacturing. La sua offerta si basa essenzialmente sulla tecnologia DMLS (Direct Metal Laser Sintering), con un’ampia gamma di modelli di fascia industriale. Höganäs invece è un produttore svedese di polveri metalliche di stampo tradizionale (l’azienda è stata fondata nel 1797), che recentemente ha messo a listino una serie di polveri pensate espressamente per la stampa 3D. Suo, ad esempio, l’acciaio inossidabile siglato 17-4 PH molto usato da vari produttori di sistemi di manifattura additiva. È svedese anche Sandvik, che tramite la sua divisione Sandvik Materials Technology propone una estesa gamma di acciai inossidabili e leghe speciali per applicazioni di manifattura additiva in campo medico e aerospaziale. Infine, l’azienda chimica belga Solvay è indicata dal rapporto come generico fornitore di materiali per la stampa 3D, ma la sua presenza riguarda soprattutto i polimeri della gamma Technyl Sinterline e non polveri metalliche. Il rapporto cita anche altre tre fornitori “minori”: Concept Laser, ExOne e Renishaw.

Un esempio delle polveri prodotte da Höganäs, produttore svedese di polveri per metallurgia tradizionale che recentemente ha allargato la sua offerta alle polveri per manifattura additiva.

Una realtà italiana

Se questi sono i grandi e i consolidati, il mercato delle polveri metalliche è destinato a crescere sempre di più e sono numerosi i player che si stanno affacciando sul mercato. Tra queste vale la pena di citare l’azienda italiana Numanova, costituita da Italeaf (holding di partecipazione e primo company builder italiano, attiva nei settori cleantech e smart innovation) da pochi mesi per produrre leghe madri e polveri metalliche per la manifattura additiva. L’azienda intende investire 12 milioni di euro per una capacità produttiva a regime di 500 tonnellate/anno di polvere metallica. Lo stabilimento produttivo sarà localizzato nell’area industriale Italeaf di Nera Montoro (TR). «La produzione di polveri metalliche e le attività di ricerca e sviluppo per la messa a punto di nuove leghe madri – afferma Paolo Folgarait, general manager di Numanova – stanno suscitando interessi e aspettative crescenti sul mercato a livello globale. La versatilità delle tecniche di metallurgia delle polveri può contribuire a creare materiali metallici (e ceramici) complessi e innovativi e ad introdurre nuove forme di produzione avanzata in settori ad alto valore aggiunto. Riteniamo, grazie all’integrazione nel gruppo Italeaf, di poter sviluppare un’iniziativa di assoluto valore internazionale che risponda alle esigenze di settori altamente competitivi, che rappresentano una nuova industria ad alto contenuto di qualità, standardizzazione e innovazione».

Componente aeronautico costruito con polveri di cromo cobalto mediante la tecnologia DLMS di EOS.

I metodi produttivi

Se questa è una società per la produzione di poveri che verrà, ce ne sono altre non citate nel rapporto che promettono decisamente bene. Tra queste la britannica LPW, che tra l’altro ha il merito di avere un sito fatto estremamente bene anche in italiano, nel quale vengono spiegati i vari metodi per la produzione delle polveri per manifattura additiva. Il più utilizzato, spiegano in LPW, è quello dell’atomizzazione in gas. È basato sulla fusione di materie prime elementari in un cuscino d’aria o di gas inerte o sotto vuoto. La polvere ha una forma principalmente sferica, in cui sono presenti alcune particelle e satelliti asimmetrici. Questo metodo viene utilizzato principalmente nel caso di leghe di Ni, Co e Fe, ma anche di leghe di Ti e Al. Vi è poi l’atomizzazione che prevede l’uso di acqua invece che di gas. Utilizzato principalmente in caso di materiali non reattivi, come l’acciaio, produce particelle dalla forma irregolare. Una tecnica relativamente nuova è quella dell’atomizzazione al plasma, che consente di produrre polveri estremamente sferiche e di elevata qualità. I fili metallici utilizzati come materie prime vengono inseriti in una torcia al plasma che, con l’aiuto dei gas, consente di eseguire l’atomizzazione della polvere. Le dimensioni delle particelle sono comprese tra 0 e 200 micron. Questo metodo può essere utilizzato solo nel caso di leghe che possono essere formate all’interno di un filo metallico.

Polveri di titanio, pronte per essere fuse dal calore di un laser o di fasci di elettroni per ottenere pezzi definitivi per il settore aerospaziale.

Per leghe reattive come il titanio LPW usa anche un metodo chiamato EIGA (Electrode Induction melting Gas Atomisation). Le dimensioni delle polveri sono comprese tra 0 e 500 micron e la morfologia è simile a quella del gas atomizzato. Il processo è economico, pulito, ideale per piccoli lotti e in grado di produrre polveri dal diametro ridotto. Buon compromesso tra l’atomizzazione a gas e quella a plasma è l’atomizzazione centrifuga, processo semplice ma poco diffuso. Questo metodo genera una polvere più sferica il cui gas intrappolato è caratterizzato da una minore porosità rispetto all’atomizzazione in gas, ma presenta una qualità inferiore a quella garantita dall’atomizzazione a plasma o dall’atomizzazione PREP. Tuttavia, rispetto a questi due processi, l’atomizzazione centrifuga è più economica. Questo metodo è particolarmente adatto a lotti di grandi dimensioni di leghe meno reattive e a basso punto di fusione, ma anche a superleghe di nichel. LPW Technology utilizza plasma ad alta energia per produrre polveri metalliche altamente sferiche e dense. Il plasma consente di trasformare polveri agglomerate, prodotte tramite essiccazione a spruzzo o tecniche di sinterizzazione, o polveri angolari, prodotte tramite metodi tradizionali di frantumazione, in polveri sferiche.

 

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