Manifattura additiva, stampa 3D e prototipazione rapida

Alla prototipazione rapida, che esiste ormai da decenni ed è consolidata per la stampa 3D di parti dimostrative, si sta affiancando con sempre maggiore decisione anche la manifattura additiva di parti in metallo o polimeri per uso finale nell'industria, nell'automotive, nel medicale, nell'aerospaziale e in molti altri settori. Anche in piccole e medie serie e con una sempre maggiore integrazione nei flussi produttivi.

Dopo una partenza in sordina negli anni 80 del secolo scorso e l’improvvisa notorietà anche presso il grande pubblico di qualche anno fa, quando con la stampa 3D si è creduto possibile fare qualsiasi cosa, oggi la manifattura additiva sta trovando il giusto equilibrio all’interno dei flussi produttivi di piccole, medie e grandi aziende. Con ottime prospettive di crescita anche per gli anni a venire. Vediamo quali sono le tecnologie che vale la pena di prendere in considerazione e quali sono le possibili applicazioni della manifattura additiva.

A livello mondiale la stampa 3D, impiegata sia per la prototipazione rapida sia per la manifattura additiva di piccole e medie serie di prodotti definitivi, sta crescendo ogni anno a due cifre. Merito indubbiamente dei suoi numerosi vantaggi, se usata nel modo giusto e con le tecnologie e i materiali più opportuni.

Quando i pezzi sono progettati appositamente per l’additivo, sono più leggeri a parità di prestazioni. E questo è un grande vantaggio in tutte le applicazioni dove il peso ha un’importanza rilevante, come nell’aerospaziale o nel racing.

Con la manifattura additiva, che costruisce i pezzi strato su strato, si possono inoltre creare parti complesse che non sarebbe possibile ottenere con le tradizionali lavorazioni sottrattive. È diventata inoltre uno strumento utilissimo in tutti i casi in cui non è conveniente realizzare uno stampo per lo stampaggio a iniezione, come per i pezzi unici o piccole serie. Un pezzo in polimero stampato in 3D può avere le stesse caratteristiche fisiche e meccaniche di un pezzo stampato a iniezione, in tempi estremamente più brevi e con costi ridotti.

Tutti questi vantaggi sono aumentati con il progredire delle tecnologie, dei sistemi per la stampa 3D e dei materiali disponibili. Non è infrequente che la manifattura additiva venga usata oggi per tirature anche di qualche migliaio di pezzi. E con i nuovi materiali compositi è comune quello che viene definito come “metal replacement”, ossia la sostituzione a parità di prestazione di componenti in metallo con componenti in plastica.

Anche dal punto di vista della produzione additiva di pezzi definitivi in metallo, grazie a sistemi di stampa additivi sempre più sofisticati e alla disponibilità di superleghe sempre più performanti, la fabbricazione di parti definitive è sempre più diffusa, che siano turbine di aerei o componenti anatomici, come ad esempio una parte di calotta cranica sostituita da una protesi in titanio.

LE PRINCIPALI TECNOLOGIE PER LA MANIFATTURA ADDITIVA

Sono ormai molte le tecnologie per la stampa 3D, o manifattura additiva. Si possono riassumere in due grandi filoni, quelle per matalli e per polimeri. E, a loro volta, si suddividono in tecnologie che impiegano le polveri, le resine o i leganti. Vediamo le più di diffuse attualmente sul mercato.

STEREOLITOGRAFIA (SLA). La stereolitografia è la prima tecnica di prototipazione rapida a essere stata introdotta sul mercato. Si basa sulla polimerizzazione tramite laser UV di materiale formato da polimeri epossidici.  La variante DLP invece di un laser impiega proiettori come sorgente luminosa. Consente di produrre pezzi con geometrie complesse e con finiture di superficie migliori rispetto ad altri processi additivi grazie a uno spessore degli strati compreso tra 0,025 e 0,5 millimetri. I prototipi ottenuti sono più delicati rispetto a quelli realizzati con resine industriali e non sono particolarmente adatti per collaudi funzionali. Consente di produrre master per stampi in silicone e stampi per stampaggio a iniezione di piccoli volumi.

POLYJET. Consente di produrre oggetti, prototipi e strumenti a colori con una risoluzione fino a 0,014 millimetri. Può produrre pareti sottili e geometrie complesse. Le stampanti 3D PolyJet depositano strati liquidi di fotopolimeri solidificabili su un vassoio creando ottimi dettagli, uniformità delle superfici e precisione. I polimeri disponibili per questa tecnologia simulano le caratteristiche di trasparenza, flessibilità e rigidità dei materiali per la stampa definitiva. Viene impiegata spesso per la creazione di prototipi precisi e dettagliati che rendono perfettamente l’estetica del prodotto finale, ma anche per produrre stampi, dime, maschere e altri attrezzi di produzione con grande precisione. Non è una tecnologia adatta per pezzi definitivi o per prove funzionali perché i polimeri impiegati hanno una bassa resistenza e si deteriorano facilmente all’esposizione di agenti esterni.

MULTIJET PRINTING (MJP). Utilizza testine di stampa piezoelettriche per depositare resina di plastica fotopolimerizzabile o materiali per la fusione a cera. Gli oggetti creati con la MJP si contraddistinguono per una finitura superficiale liscia e un livello di precisione paragonabile a quello offerto dalla stereolitografia per numerose applicazioni. Inoltre, i progressi recenti hanno migliorato la durabilità dei materiali plastici, rendendoli idonei per alcune applicazioni finali. Le stampanti MJP sono infatti adatte per le applicazioni di fusione a cera persa nei settori odontoiatrico, medico e aerospaziale. Inoltre, si integrano facilmente con i metodi e i materiali utilizzati per la fusione standard. Hanno un basso costo di acquisto e di gestione.

FUSED DEPOSITION MODELLING (FDM). Opera con termoplastiche di produzione per realizzare parti robuste, durature e dimensionalmente stabili, con un alto grado di precisione e ripetibilità. La risoluzione è discreta e i pezzi sono pronti per l’impiego finale, una volta eliminate le parti di supporto. Un punto di forza è rappresentato dall’economicità delle stampanti FDM rispetto ad altre tecnologie. Viene molto usata, oltre che per presentare modelli concettuali, anche per prototipi per verifiche formali ed ergonomiche, per effettuare test aerodinamici e fluidodinamici, verifiche di assemblaggio e modelli sacrificali per rapid casting.

SELECTIVE LASER SINTERING (SLS). Consente di realizzare parti robuste adatte per impiego finale tramite uno o più laser ad alta potenza che sinterizzano polimeri in polvere. Tra i vantaggi principali sono da citare il costo per unità ridotto, l’alta produttività e i numerosi materiali disponibili sia per prototipazione rapida sia per la produzione di parti definitive, anche in piccoli lotti. Gli oggetti prodotti hanno ottime caratteristiche meccaniche, con una resistenza comparabile a quella delle parti prodotte mediante stampaggio a iniezione. Gli impieghi vanno dalla prototipazione ai test funzionali, dalla produzione di parti sostitutive definitive a pezzi personalizzate per il settore nautico, automobilistico e sanitario. Ha come principale punto debole la necessità di un investimento rilevante per l’acquisto del sistema di stampa, almeno quando si tratta di una macchina di taglio industriale. Sul mercato sono fiorite comunque stampanti 3D con un costo più abbordabile. Non è adatta per produzione di medi e grandi lotti.

DIRECT METAL LASER SINTERING (DMLS). Tecnologia molto usate nell’ambito dei metalli, anche chiamata Direct Metal Printing (DMP), assieme alle varianti SLM (Selective Laser Melting), Direct Metal Laser Melting e Powder Bed Fusion (PBF). Oggi è alla base di tecnologie che usano il calore proveniente da uno o più laser e di macchine prodotte, tra le altre aziende, da GE Additive, Renishaw, EOS, 3D Systems e Prima Additive. Permette di realizzare prototipi e parti funzionali direttamente in metallo, con un elevato grado di precisione (fino a 0,05 millimetri) e un buon livello di dettaglio. I prodotti ottenuti hanno proprietà meccaniche superiori a quelli prodotti con sistemi tradizionali da barre, fusione o forgiatura. Ottima anche per gli inserti degli stampi a iniezione e per componenti definitivi per i settori automobilistico e aerospaziale. Viene usata anche per la produzione diretta senza stampi di inserti e anime per lo stampaggio a iniezione.

ELECTRONIC BEAM MELTING (EBM). Prevede la fusione delle polveri di metallo mediante un fascio di elettroni, al contrario dei sistemi DMLS che sinterizzano le polveri con il calore proveniente da uno o più raggi laser. Rispetto alla DMLS si tratta di un processo contraddistinto da una maggiore produttività. Questa tecnologia trova un grande riscontro soprattutto nell’industria aeronautica e aerospaziale, grazie soprattutto al suo impiego con le più evolute leghe di titanio. Può essere usata tranquillamente per la realizzazione di stampi per lo stampaggio a iniezione. Il lato debole di questa tecnologia è rappresentato dal fatto che il processo di stampa è meno preciso rispetto alla DMLS perché il fascio di elettroni è più ampio di un raggio laser. Per lo stesso motivo la finitura superficiale più grossolana rispetto alla DMLS.

MULTI JET FUSION (MJF). Tecnologia di stampa 3D messa a punto da HP, adatta per piccole e medie produzioni di prototipi e parti funzionali. Tra i suoi punti di forza la velocità, che supera i 4.000 centimetri cubi all’ora. Si contraddistingue per una buona precisione dimensionale, con dettagli molto fini. La produttività è elevata, tanto da consentire produzioni di lotti di pezzi definitivi di piccole e medie dimensione. Le parti sono resistenti e di buona qualità. La produzione può essere facilmente automatizzata e inserita in un ciclo industriale. La polvere non impiegata direttamente per la stampa può essere riutilizzata. La precisione dimensionale è superiore a quella della stereolitografia.

BINDER JETTING (BJ). A differenza di altre tecnologie per la stampa 3D che usano laser, fasci di elettroni, deposizione di filamenti o raggi ultravioletti per fondere, solidificare o sinterizzare metalli o polimeri, la Binder Jetting costruisce gli oggetti usando un collante (binder) spruzzato sugli strati di polvere (jetting) per costruire gli oggetti 3D strato dopo strato. Questa tecnologia, nella versione per metalli, è tra quelle che presentano attualmente un maggior tasso di sviluppo, adozione e innovazione.  Le macchine con Binder Jetting hanno un’elevata produttività in quanto il processo è molto più veloce rispetto a tecnologie come la DMLS (laser) o la EBM (fascio di elettroni). Non sono necessarie strutture di supporto. Con questa tecnologia si possono stampare in manifattura additiva parti funzionali con materiali che spaziano dal titanio all’alluminio, dall’acciaio Inox alle ceramiche.

I MATERIALI PER LA MANIFATTURA ADDITIVA

La plastica e i metalli, in tutte le loro declinazioni, sono le materie prime principali impiegate dalle manifatture per fabbricare gran parte degli oggetti che ci circondano: capsule di caffè costruite con granuli di plastica che vengono fusi e condotti in stampi di acciaio posti all’interno delle presse a iniezione, rubinetti che vengono forgiati dai colpi sicuri delle enormi presse che stampano a caldo il bronzo, trapani e frese che bucano e limano l’acciaio per creare quegli stampi, macchine che calano i loro magli riscaldati su lastre di plastica dalle quali prenderanno forma forchette, piatti e bicchieri usa e getta.

Sono soltanto alcuni dei materiali e dei sistemi per fabbricare oggetti nell’industria di oggi. Ma sono anche i materiali che vengono usati per la stampa 3D, disponibili sotto forma di filamenti, polveri, resine liquide, granuli, getti di materia prima o leganti, in funzione del sistema impiegato dalla stampante 3D per fonderli o solidificarli e depositarli strato fino a formare l’oggetto finale. I materiali e le tecnologie cambiano in funzione di quali dovranno essere le caratteristiche dell’oggetto finito: prototipo estetico, prototipo funzionale, oggetto definitivo da usare nella vita di tutti i giorni, stampo per stampaggio a iniezione e così via.

Non è facile compilare un elenco completo di materie prime, perché le formulazioni dei polimeri e le leghe metalliche disponibili sono numerosissime: basti pensare a tutte le varianti del Nylon e dell’acciaio inossidabili che vengono usate, oltre che nella manifattura additiva, in quella tradizionale. La situazione è complicata dal fatto che in molti casi a un nome scientifico, come ad esempio, il polimetilmetacrilato (PMMA), corrispondono diversi nomi commerciali, da Perspex a Plexiglass.

Non solo: nell’ambito della stampa 3D i produttori tendono ad adottare varianti particolari di leghe o mescole consolidate, in modo che rendano al meglio con le loro tecnologie o addirittura con una singola stampante 3D, e a queste formulazioni spesso danno un loro proprio nome commerciale. Una famiglia di polimeri molto comune come l’ABS usato nella stampa a iniezione convenzionale diventa così, nella stampa tridimensionale, per fare un ultimo esempio, ABS Like, ABSplus, ABSi, ABS digitale e così via, a seconda della definizione scelta dai produttori.

I polimeri in granuli o in filamenti sono molto usati nella sinterizzazione laser selettiva (SLS) e nella deposizione di filamenti (FDM). Nel primo caso uno dei materiali più usati è il Nylon, impiegato anche dalla Multi Jet Fusion di HP, che usa testine simili a quelle delle stampanti tradizionali. Questo materiale si può usare per pezzi definitivi, oltre che per prototipi, e per tutte le prove meccaniche e funzionali che potrebbero essere fatte su un analogo prodotto realizzato con tecnologie tradizionali.

Ci sono poi i tecnopolimeri per FDM, tecnologia oggi disponibile sia in declinazione industriale sia in quella più artigianale e amatoriale dei sistemi low-cost. Con le macchine di taglio industriale si possono realizzare prototipi funzionali, componenti di produzione, maschere, staffaggi e utensili di produzione con requisiti elevati.

Sono disponibili decine di termoplastiche per le più svariate applicazioni: dal policarbonato per ottenere oggetti resistenti al calore e con elevate proprietà meccaniche all’Ultem da impiegare quando è necessario produrre oggetti con i massimi livelli di resistenza meccanica, chimica e al calore. Naturalmente sono molto diffusi anche i normali filamenti di ABS, PLA (Acido polilattico), Nylon e Policarbonati.

Un’altra grande famiglia di materiali è rappresentata dalla resine, che vengono impiegate in tecnologie come la stereolitografia (SLA) o la variante DLP. Sono resine fotopolimere, in grado cioè di reagire alla luce solidificandosi. Questa tecnologia è impiegata soprattutto per realizzare componenti dimostrativi e prototipi visivi, visto che gli oggetti prodotti sono precisi, esteticamente molto gradevoli e adatti per finiture superficiali quali verniciatura e carteggiatura, ma gli ultimi sistemi industriali consentono anche di stampare prodotti definitivi.

Tornando alla polveri, ma in questo caso di metalli, i materiali grado di essere fusi da tecnologie quali DLMS, LaserCusing o EBM sono numerosissimi e spaziano dal titanio all’alluminio, dall’acciaio inossidabile al CromoCobalto, fino ad arrivare a superleghe come l’Inconel.

Grazie a queste tecnologie e questi materiali è possibile produrre prodotti definitivi esattamente come fossero stati fatti con i procedimenti tradizionali, come la fusione in fonderia. Ad esempio il titanio di grado 5 è una lega saldabile resistente alla trazione molto usato nell’industria aeronautica e in quella aerospaziale, così come l’alluminuro di titanio (TiAl), che viene usato sia per prototipi funzionali sia per la fabbricazione di piccoli e medi prodotti in serie quando sono necessarie resistenza alle altissime temperature e leggerezza.

L’Inconel, per fare un altro esempio, è adatto principalmente per la costruzione di turbine e di ogni altro prodotto esposto a un calore fino a mille grandi centigradi. L’acciaio inossidabile viene usato spesso per la realizzazione di strumenti medici, mentre l’acciaio Maraging, a base di ferro e comunemente usato in metallurgia, è nello stesso tempo duro, malleabile e tenace nonostante abbia un comportamento elastico fino quasi alla rottura.

La lega è fatta di ferro, cobalto e nichel e, in proporzione minore, da molibdeno, alluminio e titanio. È adatto, oltre che per l’impiego in aerei e auto da corsa, per creare utensili (DirectTool). Con questo acciaio, per fare un esempio, è possibile creare stampi e inserti con canali di raffreddamento interni anche molto complessi che permettono di aumentare la qualità dei pezzi stampati riducendo sensibilmente il numero di scarti e di ridurre il tempo ciclo. Da citare anche l’alluminio (AlSi10Mg), metallo facilmente lavorabile, ma al contempo estremamente durevole. Fra le sue proprietà la più rilevante è che ha un peso specifico molto basso, permettendo ai prodotti realizzati in alluminio di essere nello stesso tempo resistenti e leggeri.. Le parti finite possono essere perforate, incollate, verniciate, metallizzate o cromate. In campo medicale, questi materiali possono essere usati per produrre in maniera economica modelli calcinabili accurati e uniformemente sottili e modelli dentali di precisione, compresi corone e ponte, modelli di protesi ortodontiche e parziali nonché sistemi implantari e modelli medici.

Un buona directory per conoscere le caratteristiche dettagliate di quasi tutti i materiali disponibili per la stampa 3D (ne contiene quasi 600) è quella curata da VoxelMatters, società specializzata in analisi e ricerche di mercato. Un’altra fonte interessante, per quanto riguarda i materiali, è la seconda edizione del libro Stampa 3D professionale di Werner Stefano Villa dato alle stampe nel 2023 da Tecniche Nuove.

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