Le tecnologie di fabbricazione additiva stanno uscendo dall’ambito in cui erano destinate, la produzione di prototipi, per divenire uno strumento di produzione. Ma potrà essere possibile un loro impiego per la produzione di massa? Quali sono i limiti che ancora oggi legano la diffusione e l’impiego di queste tecnologie? E quali sono le opportunità che potranno aprire? Vediamo nelle righe che seguono di dare una risposta a queste domande e di capire come e perchè potrebbero cambiarci la vita.
Come funziona
Con l’espressione “additive manufacturing” (AM) si intende l’insieme di processi di produzione di fabbricazione additiva partendo da modelli digitali, in contrapposizione alle tradizionali tecniche sottrattive (lavorazioni per asportazione di truciolo, taglio e foratura). Si parte da un modello CAD 3D che viene suddiviso in strati da un software integrato nel sistema di controllo della macchina, o da servizi on-line; lo schema di strati risultanti guida la stampante nella deposizione, o sinterizzazione, del materiale.
La tecnologia non è una novità, da decenni viene adottata per la produzione di prototipi presso le aziende più grosse e innovative, ma negli ultimi anni, grazie anche alla scadenza di alcuni brevetti chiave, è crollato il costo delle stampanti, con una conseguente diffusione che cresce esponenzialmente: indicativamente si è passati da costi di oltre 100.000 dollari fino a meno di 1000 dollari per le stampanti desktop. Il mercato dell’AM nel 2012, tra prodotti e servizi, è valso 2,2 miliardi di dollari, con un tasso di crescita del 28,6%. Per quanto riguarda le stampanti “personal”, a basso costo (sotto i 5000 dollari), la crescita è stata del 346% dal 2008 al 2011, del 46,3% nel 2012. (Fonte: Wohlers Report 2013). Si stima che la loro larga diffusione possa sconvolgere, nel giro di pochi anni il concetto stesso di produzione e la tradizionale industria manifatturiera.
Le stampanti 3D, infatti, portano notevoli vantaggi sia nel mondo professional che in quello consumer: la principale potenzialità della fabbricazione additiva è la quasi totale libertà di forma producibile: depositando sezioni, strato dopo strato, vengono scavalcati i vincoli di sottosquadra, ed eventuali sbalzi vengono gestiti con la creazione di supporti ad hoc da rimuovere successivamente, una volta terminata la stampa. Altri vantaggi significativi sono la riduzione del costo di produzione, grazie alla cancellazione delle linee produttive e all’eliminazione di scarti di produzione; la possibilità di stampare componenti e meccanismi già assemblati, fattore che comporta l’eliminazione dei costi di manodopera per l’assemblaggio. Inoltre la prospettiva che deriva dalla diffusione di tale tecnologia è la sparizione dei costi di trasporto: il prodotto verrà inviato telematicamente al cliente, il quale lo stamperà direttamente nel proprio ufficio.
Dal punto di vista dello sviluppo di nuovi prodotti si assiste ad una drastica riduzione del “time to market”: c’è la possibilità di produrre piccoli lotti da immettere subito sul mercato per testarne l’efficacia e l’appetibilità, fare le modifiche necessarie in base ai feedback dell’utenza, e avviare poi la produzione su larga scala. Inoltre la grande flessibilità di questa tecnologia permette la realizzazione di prodotti personalizzati senza costi aggiuntivi, nello stesso lotto di produzione è possibile creare pezzi diversi uno dall’altro, creati su misura, senza dover attrezzare diversamente la macchina.
Per quanto riguarda il mercato del privato, sull’onda del movimento “makers”, comincia a prendere piede la possibilità di stampare a casa gli oggetti di cui si necessita, dalla tazza al giocattolo per il bimbo, al pezzo di ricambio dell’automobile; oppure ci si può rivolgere a servizi di stampa on-line dove caricare il proprio progetto, o sceglierne uno dal catalogo, farlo stampare nel materiale desiderato e recapitare direttamente a casa. Questo scenario di democratizzazione e larga diffusione di stampanti 3D potrebbe essere una minaccia per la grande industria manifatturiera, che potrebbe perdere grandi quote di mercato, sostituita dall’autoproduzione.
Nel mondo della progettazione, invece, ci si sta scontrando con delle problematiche sorte dal “ricambio generazionale” dalle tecniche tradizionali alla fabbricazione additiva. Gli attuali sistemi di modellazione CAD non sono adeguati alle possibilità che la stampa 3D offre e necessitano di aggiornamenti. Per esempio, un software CAD gestisce mediamente mille o duemila elementi, ma con la nuova possibilità di produrre parti con microstrutture reticolari, o pattern di elementi che si intrecciano (come nel caso degli abiti), gli elementi si moltiplicano in decine di migliaia e la gestione diviene quasi impossibile, soprattutto nell’esportazione in linguaggio macchina. Quest’ultimo, il formato STL, presenta infatti diversi limiti: non è in grado di contenere informazioni aggiuntive, quali colore o materiale da stampare in determinate zone del manufatto da produrre; per questo è in corso di definizione un nuovo formato denominato AMF (additive manufacturing fortmat).
Cenni storici:
– 1976: invenzione della stampante a getto d’inchiostro
– 1984: Charles Hull inventa la stereolitografia
– 1988: Scott Crump inventa la tecnologia FDM (fused deposition modeling)
– 1992: prima stampante SLA prodotta da 3D Systems
– 2005: Adrian Bowyer fonda RepRap, associazione open-source con lo scopo di progettare una stampante 3D in grado di autoreplicarsi e democratizzare le stampanti 3D, “Darwin” disponibile nel 2008.
– 2006: prima stampante SLS
– 2006: Objet rilaascia la prima stampante 3D in grado di stampare multimateriale
– 2009: Organovo stampa il primo vaso sanguigno
– 2013: impianto di una stecca stampata 3D in biopolimero per curare un bimbo di sei settimane affetto da tracheomalacia.
La stampante 3D: tecnologie e materiali
Esistono diversi metodi di fabbricazione additiva, i principali sono:
> FDM – fused deposition modeling: un ugello deposita un filamento di un resina termoplastica fuso su una struttura di supporto, strato dopo strato. É la tecnologia più diffusa tra le stampanti consumer.
> Stampa a getto d’inchiostro (IJM, MJM): viene sparso uno strato di polvere (gesso o resine) sul letto della stampante, la testina di stampa getta inchiostro e un legante sulla porzione di materiale da solidificare e ripete il processo finchè non è stampato ogni strato.
> SL – stereolitografia: creazione di parti solide tramite solidificazione selettiva di una resina fotopolimerica con un raggio laser UV. Il processo avviene strato su strato dal basso verso l’alto solidificando sezioni della parte: dopo la creazione di un layer la vasca che ospita il materiale viene abbassata e viene poi riempita con un nuovo strato di resina liquida per solidificare il livello successivo. Se necessario vengono create anche le strutture di supporto.
> DLP – digital light processing: una vasca di polimero liquido è esposto alla luce di un proiettore in condizioni di luce inattinica. Il polimero liquido esposto si indurisce. La piastra di costruzione poi si muove in basso in piccoli incrementi e il polimero liquido è di nuovo esposto alla luce. Il processo si ripete finché il modello non è costruito, strato dopo strato. Il polimero liquido è poi drenato dalla vasca, lasciando il modello solido finito.
> DMLS – direct metal laser sintering: tecnologia analoga alla SLS che usa metalli come materiale.
> LOM – Laminated object manufacturing: strati di carta, plastica o metallo laminato vengono incollati e tagliati tramite una lama o tramite laser fino alla realizzazione della forma desiderata.
> EBM – Electron beam melting (fusione a fascio di elettroni): una sorgente di elevata energia, composta da un fascio opportunamente concentrato e accelerato di elettroni, colpisce un materiale metallico in forma “micro granulometrica” provocandone la fusione.
Il numero di materiali stampabili è in continua crescita, i più diffusi sono i polimeri termoplastici, adottati dalle stampanti a deposizione di filamento, quali ABS, PLA, nylon, policarbonato, polistirene; nelle tecnologie di fotopolimerizzazione si utilizzano principalmente resine acriliche e epossidiche. I servizi di stampa on-line, come Shapeways e i.Materialise, permettono di scegliere anche ceramica, metalli preziosi (oro e argento), titanio, ottone e bronzo.
Applicazioni
Attualmente l’utilizzo principale della fabbricazione additiva riguarda il settore industriale per la produzione di prototipi, e gli studi di design che, oltre ai prototipi, possono commercializzare piccole serie di prodotti, facendo leva sulla complessità delle forme ottenibili, che risultano curiose ed affascinanti. Ma gli ambiti più disparati stanno accogliendo e sperimentando l’AM, dallo sport all’architettura, dall’edilizia alla stampa di cioccolato. Di seguito viene mostrato qualche esempio esplicativo.
Nel settore privato, a causa del limitato volume di stampa offerto dalle stampanti desktop, vengono realizzati principalmente accessori e oggetti di bigiotteria dalle forme più stravaganti.
Il settore medicale è quello che si prospetta più promettente in termini di utilizzo e benefici che può portare, grazie all’elevata personalizzazione che si può raggiungere, con costi in continua diminuzione. Già nel 1999 venne stampata una struttura di sostegno eco-compatibile rivestita da cellule utilizzato in un intervento di allargamento di vescica; nel 2002 presso il Wake Forest Institute venne stampato un rene sperimentale completamente funzionante e nel 2008 è stata impiantata una protesi di gamba che non necessita di assemblaggio. Attualmente l’utilizzo di stampa 3D riguarda soprattutto la creazione di protesi, in particolar modo protesi dentarie (l’azienda EOS stima che negli ultimi sei anni siano state impiantate 50 milioni tra corone dentali, otturazioni e ponti).
In architettura un pioniere nello sfruttamento delle tecnologie di fabbricazione additiva è stato l’ingegnere toscano Enrico Dini che ha sviluppato una stampante di case. Il macchinario può stampare forme libere di qualsiasi dimensione, è dotato di una testa di stampa a 300 ugelli che rilascia un inchiostro-collante che solidifica il materiale da polvere in roccia, fino a creare dei moduli, che assemblati formeranno delle unità abitative. In questo modo ci si svincola dal bisogno di casseforme, centine o stampi, risparmiando tempo e costi di attrezzaggio, e il materiale di costruzione si può reperire direttamente sul posto.
Attualmente con la sua tecnologia, chiamata D-Shape, partecipa con un consorzio di imprese a un progetto di casa lunare, in collaborazione con lo studio di architettura Foster+Partners e l’ESA (European Space Agency).
Scenari futuri
Barack Obama nel recente discorso sullo Stato dell’Unione ha affermato che la stampa 3D ha il potenziale per “cambiare il modo in cui facciamo praticamente tutto”, evocando una terza rivoluzione industriale. Ciò dimostra quanto questo tema sia attuale e abbia la possibilità si sconvolgere l’idea e il modo di produrre.
La previsione più accreditata sul futuro delle stampanti 3D a medio/breve termine è che nei prossimi anni la loro diffusione continui a crescere e che si acquisti maggiore dimestichezza nel loro utilizzo. I costi di acquisto e i costi di produzione continueranno a diminuire cosicché piccole serie di prodotti scalzeranno i processi produttivi tradizionali e verranno stampate in 3D, sia dalle aziende che dai privati.
Il settore medicale è quello che ne trarrà maggiore giovamento sia per quanto riguarda la creazione di protesi, che quello più futuro, ma non troppo distante, di stampa di organi che promette grandi vantaggi, come l’eliminazione del rischio di rigetto del paziente.
I fattori chiave che devono essere sviluppati per consolidare e aumentare la diffusione e appetibilità delle stampanti 3D sono: l’abbassamento del costo dei materiali da stampa, la crescita delle dimensioni dei volumi di stampa, la velocità del processo di stampa, l’aumento dell’affidabilità e delle prestazioni, e l’accettabilità.
La fabbricazione additiva potrebbe inoltre portare a soluzioni per aiutare i paesi del terzo mondo: si sta sviluppando infatti la stampa di cibo, finanziata dalla NASA (con l’obiettivo di adottarla nelle missioni spaziali), e potrebbe essere la soluzione per la fame nel mondo: cibo in polvere che tramite una stampante prende consistenza. Lo sviluppo nel settore dell’architettura e dell’edilizia: con stampanti che potranno stampare case, o moduli da assemblare, che sfruttano i materiali presenti sul posto, eliminando costi di trasporto, costi di manodopera e soprattutto una drastica diminuzione dei tempi di costruzione, possono servire per la costruzione di unità abitative a basso costo o di emergenza, in situazioni post calamità naturali.
A lungo termine si può presupporre uno scenario quasi fantascientifico, nel quale ognuno possiederà una stampante 3D a casa, come attualmente si possiedono le stampanti 2D, e sarà capace di soddisfare ogni sua esigenza stampandola: vestiti, cibo, oggetti di consumo e d’arredamento, veicoli, tutto su misura e in base ai gusti del fruitore.